Coronavirus, il reatino Federico
Susi e la quarantena a Milano:
«Sono rimasto qui per senso
di responsabilità, Rieti a presto»

Federico Susi
di Lorenzo Quirini
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Lunedì 6 Aprile 2020, 15:14 - Ultimo aggiornamento: 15:16

RIETI - Se molti hanno deciso di abbandonare Milano ed il Nord Italia appena prima dell’inizio del blocco totale degli spostamenti, c’è anche chi ha scelto di restare, con grande senso di responsabilità, in una delle città più colpite dall'emergenza coronavirus. Tra questi casi esemplari si colloca il reatino Federico Susi, 22enne, studente della facoltà di Matematica proprio a Milano, in lockdown dall’ultima settimana di febbraio. 

Susi, immagino che la scelta di restare a Milano sia stata tutt’altro che facile… 
«Ammetto di aver pensato più volte se tornare a Rieti o no, soprattutto quando ho capito che il problema non era marginale e che probabilmente per tutto il semestre l'università sarebbe rimasta chiusa, quindi io non avrei più avuto un reale motivo per rimanere qui. In ogni caso ho deciso di non spostarmi, prima di tutto per non rischiare di contagiare i miei cari una volta tornato, poi anche perché transitare per la stazione e prendere un treno non mi sembrava una mossa intelligente per non ammalarsi. Inoltre sto cercando di mantenere una certa “normalità”, comportandomi il più possibile come facevo prima che cominciasse tutto questo, in modo tale da mantenere una buona costanza nello studio, cosa che probabilmente non avrei potuto trovare a Rieti».

Da quando è in lockdown? Come si è sentito quando ha appreso che era iniziata la "quarantena"?
«Ho iniziato ad uscire solamente per andare a fare la spesa già dall'ultima settimana di febbraio, cioè quando ci sono stati i primi contagiati, anche se intorno alla prima settimana di marzo sono uscito per motivi meno essenziali come andare dal barbiere. Questo è avvenuto quando i media e il governo hanno cercato di minimizzare il problema e per qualche giorno la vita sembrava tornata alla normalità».

Come ha organizzato la sua routine?
«Fortunatamente abito con altre due persone che mi stanno alleviando e non poco le sofferenze della quarantena. Passo le mie giornate sui libri a studiare, ma la sera mi posso rilassare e godere della compagnia dei miei amici: ammetto che vivere  una situazione del genere da solo sarebbe stato estremamente più pesante».

La sua università si è organizzata con lezioni o esami online?
«La mia università ha iniziato fin da subito le lezioni online non facendoci perdere nemmeno un giorno. Questo è stato possibile perché avevamo già un portale nel quale i professori condividevano materiale aggiuntivo alle lezioni in classe. Adesso  in questa piattaforma i professori condividono con noi  le lezioni del giorno: seguirle online ha i suoi difetti , come ad esempio  perdere il contatto fisico con i docenti, ma ha anche dei pregi che magari non risultano evidenti ad un primo impatto, ma che con un po' di abitudine si fanno più tangibili».

Milano è una città estremamente viva e movimentata, l’effetto lockdown sarà stato quindi tanto più evidente. Cosa ha suscitato in lei l’inizio della quarantena e l’assopimento della città in cui vive? 
«È molto particolare trovarsi qui durante l’emergenza, ma il cambiamento non è stato repentino, da un giorno all’altro. Durante le prime settimane dalla scoperta del primo caso, la gente ha cominciato ad uscire sempre meno, a portare la mascherina e a distanziarsi sempre di più. Il momento che più mi ha colpito è stato qualche settimana fa, quando sono andato a fare la spesa e per la prima volta si attuavano misure di distanziamento sociale rigide, come entrare pochi alla volta nel supermercato. In quell’occasione ho percepito per la prima volta la paura e la tristezza della gente: tutti avevano lo sguardo basso e la faccia coperta dalle mascherine». 

Ultimamente però ci sono segnali di miglioramento, sebbene timidi. La cosa si percepisce anche a Milano? 
«È vero, i numeri si stanno generalmente abbassando, ma purtroppo qui a Milano non sta ancora succedendo».  

Sente spesso i suoi cari di Rieti? Immagino siano preoccupati per lei…
«Se proprio dovessi trovare un lato positivo di questa faccenda è che sono molto più in contatto con i miei cari di Rieti, che siano parenti o amici: probabilmente il maggior tempo libero ci dà più possibilità per sentirci, e questo mi rende molto felice. Sicuramente tutti i miei cari sono molto preoccupati per me come è ovvio che sia; specialmente mia madre che, da quando è iniziato tutto, mi chiede almeno tre volte al giorno come sto e se avverto dei sintomi (sorride). Anch’io, d’altro canto, sono molto preoccupato per i miei genitori: lavorano in una tabaccheria e sono rimasti aperti, quindi sono spesso a contatto col pubblico».

Vuole mandare un saluto ai suoi amici e parenti di Rieti, anche per rassicurarli?
«Voglio mandare un grande abbraccio a tutti i miei cari, ma in generale a tutti i reatini.

So che è dura ma prima o poi finirà: il quando dipende solo da noi. Ci vediamo presto nella nostra bella città».

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