Rieti, coronavirus. Francesco e la famiglia
sono guariti: «Una lezione di vita»

Francesco Sorana con la mamma Stefania Perazzoni e il padre Giovanni: sono tutti guariti
di Raffaella Di Claudio
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Martedì 28 Aprile 2020, 01:42 - Ultimo aggiornamento: 14:21
RIETI - Coronavirus: Insieme al papà Giovanni per un mese si è trovato a combattere il Covid-19 e la paura che il virus portasse via sua madre ricoverata in Terapia intensiva del de Lellis da oltre un mese. Francesco Sorana, come i genitori, ha contratto il coronavirus e oggi che il peggio è passato racconta a Il Messaggero quei giorni difficili vissuti nella casa di Passo Corese insieme al padre mentre la madre lottava in ospedale. «Se sono riuscito a superare questo periodo - ammette - è grazie all’affetto della mia fidanzata Lucrezia, dei miei familiari e dei miei amici che non mi hanno mai lasciato solo, nonostante le distanze». La mamma, Stefania Perazzoni, fisioterapista della Asl, è uno dei primi casi di Covid-19 nel comune di Fara Sabina e sicuramente quello più delicato. «È stata ricoverata il 10 marzo perché non riusciva più a respirare. Nel frattempo io cominciavo ad avere qualche difficoltà respiratoria. Poi ho avuto mal di testa, lieve diarrea e febbre, mai più alta di 37,5, ma che non finiva mai: cosa che a un certo punto iniziava a scoraggiarmi».

L'ipotesi
Dove può essere avvenuto il contagio? «A fine febbraio - ricostruisce Francesco - siamo tornati dalla settimana bianca, ma mia mamma quando siamo partiti già accusava dei malesseri. Non sappiamo se fossero i sintomi del virus. Al rientro ha cominciato ad avere la febbre che non passava con nulla». Oggi è fuori pericolo. «Ora sta bene - dice sollevato il ragazzo - è guarita dal virus e sta facendo riabilitazione. Le ho detto anche - aggiunge riuscendo a scherzare - che mentre lei ha dormito per 21 giorni a me e papà il tempo non passava mai perché eravamo preoccupatissmi per lei». Si sono fatti forza a vicenda, Francesco e Giovanni. L’esperienza, che per lui e il papà si è conclusa il 13 aprile, non la dimenticherà. Ha 20 anni Francesco, studia medicina al Sant’Andrea ed è sicuro di avere imparato un grande lezione. Non dai libri, ma sulla sua pelle. «Ho capito che non ci appartiene nulla - afferma - possiamo sentirci tanto forti, andare avanti con la tecnologia poi arriva la mutazione di un virus a creare una pandemia. Ho capito che nella nostra grandezza siamo piccoli. Non bisogna dare nulla per scontato e apprezzare quello che si ha. Tante notti le ho passate a piangere. Una sera stavo studiando in cameretta. Mia mamma era grave e il farmaco Tocilizumab non sortiva ancora effetto. A un certo punto, sento mio padre che al telefono con il medico esordisce: «”Mi sta dicendo che sta andando verso la morte?” Ho capito solo questo. Poi il vuoto, il senso di svenimento, la paura di perderla. È stato il giorno peggiore. Ho pensato a quante volte avrei potuto sfruttare meglio il tempo con lei invece di litigarci per le sciocchezze». Lui è diventato positivo il 18 marzo, il papà Giovanni tre giorni prima. In quel breve lasso di tempo sono stati divisi e si parlavano attraverso la porta. «Quando sono diventato positivo ho pensato che fosse un bene: potevamo stare insieme a darci forza e aspettare ogni giorno la telefonata dall’ospedale. È stato difficile, non lo nego. Io e papà siamo forti, riusciamo ad andare oltre, ma in quel momento terribile - conclude - anche i messaggi che sono stati scritti con troppa leggerezza sui social, giudicando noi e quello che ci era successo, ci hanno fatto male».
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