Claudio Baglioni e quel legame con il patrono di Cantalice

Claudio Baglioni
di Sabrina Vecchi
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Martedì 18 Maggio 2021, 00:10

RIETI - «Non sono mai stato a Cantalice, ma so tante cose di questo paese e oggi è come se fossi lì con voi a festeggiare e a ringraziarvi per l’affetto, nel vostro bellissimo borgo medievale». La voce dolce e graffiante che attraversa il telefono è la colonna sonora di generazioni: è la voce da sessanta milioni di dischi di Claudio Baglioni. E lui è uno che mantiene le promesse, e a due giorni dal suo settantesimo compleanno, «così dice l’anagrafe», fa arrivare il suo augurio a Cantalice che oggi festeggia il suo patrono san Felice, e a tutta la diocesi reatina che lo ha eletto compatrono. L’ha dichiarato tante volte, e lo ripete ancora, come sanno fare solo i grandi che non dimenticano i tempi durissimi della gavetta. 
«San Felice da Cantalice in qualche modo l’ho eletto a santo protettore della mia carriera: sarà anche per il nome del paese che ha un suono così melodioso e già in qualche modo contiene la parola cantare. Nel 1964 abitavo a Roma, a Centocelle; lì partecipai al primo festival di voci nuove intitolato proprio San Felice da Cantalice, patrono del quartiere. Una partecipazione ripetuta anche l’anno successivo, questa volta vincendo: fu il vero inizio di una carriera che non avrei mai pensato sarebbe durata fino a oggi, per tutto questo tempo».

«Ricordo benissimo quei momenti, come ricordo benissimo la grande pittura che era sulla facciata della chiesa: quell’affresco si intravedeva già da piazza dei Mirti, percorrendo tutta via dei Castani, rappresentava la figura del frate cappuccino con la folta barba. Era quasi come una preghiera ascetica, un abbraccio accogliente verso chi arrivava: un’immagine che rimane indelebile in tutti i miei ricordi di quel tempo, in quel quartiere che ha cresciuto la mia infanzia e la mia adolescenza». Baglioni trova il tempo per rispondere in un momento di intenso lavoro, all’apice di un percorso musicale che non ha mai smesso di mietere successi e che proprio in questi giorni si appresta a culminare in un evento online che si annuncia straordinario. Un’opera-concerto contemporanea di novanta minuti tratta dall’omonimo e ultimo album di inediti “In questa storia che è la mia” che sarà trasmessa in streaming il 2 giugno alle ore 21 sulla piattaforma ITsART. 
Uno spettacolo «eccezionale per tempi eccezionali» ambientato al Teatro dell’Opera di Roma, che trasforma in ambiente scenico ogni spazio e riprende - estendendola - l’idea wagneriana di opera d’arte totale. E con arte e musica si celebrerà l’amore, non solo quello «piccolo grande» che ha accompagnato i nostri momenti più romantici e che è tuttora uno dei brani più duraturi della storia della musica italiana, ma anche quello universale che dà senso e valore a tutte le stagioni della vita. «Il destino è veramente curioso, tutto torna - dice Baglioni - anche perché quando avevo circa sette anni mio padre, maresciallo dei carabinieri, venne trasferito a Posta, per comandare la stazione del paese. Tutti i vostri luoghi li ho visti, annusati, conosco le valli, le campagne che si snodano in queste terre di confine, i molti corsi d’acqua». Lo ricordano ancora i suoi coetanei, in quel di Posta, quel bambino taciturno sempre accanto al padre carabiniere, che già allora esprimeva le sue emozioni cantando. E, altro curioso segnale intrecciato in un doppio filo che pare non volersi spezzare, anche Posta ha come patrono san Felice. Il cantautore ringrazia «per l’attenzione», e per la «vicinanza piena di affetto» che arriva dalle nostre zone: «Tra l’altro - prosegue - l’altra coincidenza curiosa è che il mio giorno di nascita è il 16 maggio, e la memoria annuale di san Felice da Cantalice cade subito dopo, il 18». Per il traguardo dei settant’anni, nel quartiere di Centocelle - dove il frate cappuccino giunse dopo la sua partenza dalle zone del Reatino – è stato dedicato a Baglioni l’omaggio di un grande murale con le sue sembianze: «È stata una sorpresa indescrivibile. Una gran cosa per una buona causa, su una parete della casa famiglia San Felice, proprio davanti a quel palchetto del tempo che fu». 
Per quanto ci riguarda, il regalo lo fa lui a noi: «A tutti gli abitanti ma anche a tutti coloro che hanno a cuore i vostri luoghi vorrei augurare non tante, ma “solo” quattro stagioni felici, proprio come il nome del santo cappuccino.

E siccome mi sembra anche di ricordare che il nome del paese di Cantalice prenda origine da una vicinanza con un leccio o una quercia, ci tengo a formulare soprattutto in questo momento difficile un augurio per un tempo di forza e vitalità, ma anche di memoria e semplicità, nel nome della nostra comune appartenenza e di una storia di vita in cui abbiamo molti punti da condividere».

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