Rieti, cisterna esplosa sulla Salaria: più vicina la proroga per evitare l'archiviazione

L'esplosione nel dicembre 2018
di Massimo Cavoli
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Venerdì 16 Aprile 2021, 00:10

RIETI - La strada per arrivare a stabilire le cause dell’esplosione di una cisterna di carburante, avvenuta all’interno di un distributore sulla via Salaria per Roma il 5 dicembre 2018, costata la vita al vigile del fuoco reatino Stefano Colasanti e di Andrea Maggi di Borgo Santa Maria, lascia aperta la porta alla possibilità di un supplemento istruttorio, se il giudice delle indagini preliminari non accoglierà la richiesta di archiviazione dell’inchiesta presentata dalla procura di Rieti, perché la perizia non è stata depositata entro i termini. 
In questa direzione convergono sia la richiesta del pm, Luana Bennetti, che ha sollecitato una proroga di tre mesi per completare il deposito della consulenza, che quella dell’avvocato Luca Conti, difensore dei gestori dell’impianto, indagati per concorso in omicidio colposo e lesioni colpose gravi, insieme all’autista dell’autocisterna, il quale ha invitato il gip a disporre un incidente probatorio «perché su un fatto così grave va fatta comunque chiarezza per stabilire se ci sono ulteriori e diverse responsabilità». Affermazione preceduta da espressioni di vicinanza nei confronti dei familiari delle vittime.

L'impostazione
Diversa l’impostazione dell’avvocato Bruno Mattei, legale dei quattro fratelli e sorelle di Andrea Maggi, (in udienza erano presenti alcune parti offese, compresi due carabinieri di Montelibretti, rimaste ferite nell’esplosione, assistite dagli avvocati Angelo David D’Ambrogio, Gianluca Coppo e Giovanni Magi, ma altre hanno annunciato l’intenzione di costituirsi in un eventuale processo), che difendendo le ragioni dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, ha chiesto al gip di fissare la camera di consiglio per invitare la procura a formulare l’imputazione coatta nei confronti degli indagati. La conclusione di Mattei giunge dopo una minuziosa ricostruzione dei fatti operata sulla base di diverse testimonianze oculari rese ai carabinieri da parte di chi si trovava nell’area del distributore, concordi nell’affermare che non tutti i tubi (manichetta flessibile di recupero della parte gassosa di gpl, cavo di messa a terra e spina di interconnessione) erano stati collegati alla cisterna durante la fase di travaso del carburante al serbatoio interrato, procedura obbligatoria per effettuare le operazioni in sicurezza, come neppure c’erano estintori nella vicinanza del punto di riempimento da usare in caso di emergenza. 
E l’incendio, secondo i testi, si sviluppò proprio nella parte posteriore del mezzo.

Decisa opposizione all’archiviazione è stata ribadita dagli avvocati romani Giada Di Maggio e Paolo Paolucci che assistono la vedova e i due figli di Colasanti, il vigile che pur essendo fuori servizio si unì ai colleghi sul posto, per poi essere investito dall’esplosione. La decisione del gip Alessio Marinelli è attesa per la prossima settimana

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