Proseguono in Sabina i casting per il film “L’Arminuta” del regista Giuseppe Bonito

Il regista Giuseppe Bonito
di Samuele Annibaldi
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Giovedì 15 Ottobre 2020, 18:01

RIETI - Proseguono in Sabina i casting per il film “L’Arminuta” del regista Giuseppe Bonito. Dopo quelli di Montopoli, domani sarà la volta di Mompeo che sarà una delle location sabine scelte per girare alcune scene del film. I provini per selezionare figuranti si terranno domani dalle 17 alle 19 presso il castello Orsini-Naro.    A Mompeo le scene del film previste si gireranno la sera del 4 novembre.

 
I provini


Per i provini del film (Baires Produzioni e Maro Film) si cercano donne e uomini dai 18 ai 75 anni. Tutte le misure previste da normativa anti Covid 19 saranno osservate e   rispettate scrupolosamente; c’è l’obbligo della mascherina e per partecipare al casting occorre portare fotocopia del documento di riconoscimento e del codice fiscale. Info mail: palmullielarminuta@gmail.com - Cellulare: 3408040428.
 
Il regista

Il film è del regista Giuseppe Bonito che ha esordito con Pulce non c’è che gli fruttò il premio speciale della giuria di Alice nella Città ed è stato candidato al Nastro d’argento come miglior regista esordiente e ai Ciack d’ora come  migliore opera prima nel 2013, e ha vinto il Premio "Beppe Ciavatta" al Bobbio film Festival. Quest’anno Bonito ha firmato la regia di Figli con Valerio Mastandrea. Adesso girerà L’Arminuta (la ritornata) tratto dall’omonimo romanzo di Donatella Di Pietrantonio, pubblicato nel 2017 e vincitore del Premio Campiello dello stesso anno, e del Premio Napoli.
 
 
Il film


“L’arminuta”  riporta all’agosto 1975. Una ragazzina di tredici anni sale le scale di una palazzina malmessa. Ha con sé una valigia e una borsa piena di scarpe. E’ tutto quello che le resta della vita di prima: libri e vestiti scelti con cura che la accompagneranno fino all’inverno. Alla fine di quella scala, la aspetta la famiglia in cui è nata, e che quando aveva pochi mesi l’ha ceduta a dei cugini benestanti che vivevano in città.

Non sa perché è di nuovo lì, perché la coppia di parenti che l’ha cresciuta fino a quel giorno, all’improvviso, ha deciso di restituirla: se ha sbagliato qualcosa, o se è stata la malattia che ha colpito Adalgisa, la donna che ha sempre pensato fosse sua madre, a costringerla ad abbandonarla. Ma qualunque cosa pensi, non è importante. Gli adulti hanno deciso. Da quel momento vivrà lì. La ragazzina oltre la porta trova una donna dallo sguardo stanco e distratto, sua madre, un mucchio di fratelli che per lei sono solo degli estranei, e un padre duro e silenzioso. Vorrebbe andarsene, scomparire, persino morire. Ma non può. Con la forza dei suoi tredici anni, deve imparare a sopravvivere. Alle cattiverie di suo fratello Sergio, che non aveva voglia di un’intrusa in casa, alle attenzioni di Vincenzo, che non vede in lei una sorella, all’indifferenza distratta di una donna che deve chiamare mamma, alla durezza del nuovo padre, che sa come alzare le mani quando i figli maschi sbagliano, alle regole, spietate, della povertà, che governano la casa. Agli sguardi del paese, per cui lei è, semplicemente, l’Arminuta, la Ritornata. Vergogna, disagio e senso di estraneità la accompagnano come un’ombra, mentre muove i primi passi nella sua nuova vita e, tenace, cerca di capire se non ci sia il modo di tornare indietro, o almeno, di conoscere la verità. Perché è stata restituita? Troppi silenzi. Troppi sguardi bassi. E un’unica alleata, una bambina di dieci anni. Sua sorella Adriana. Sola come lei, in un mondo di adulti incapace di affetti e di parole, le si mette accanto, le insegna le regole della sua nuova vita, la aspetta quando si allontana e la cerca quando sa che potrebbe perderla. E se gli adulti smarriscono ogni occasione di riscatto, restano queste due bambine, capaci, nonostante tutto, di riconoscersi come sorelle, a ricordare loro cos’è l’amore.  

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