I militari, Enrico Abbina e Domenico Tagliente, pur tornando liberi, sono stati però sospesi dal servizio per dodici mesi, mentre un terzo carabiniere per il quale non era stato disposto l’arresto, è già stato trasferito ad un’altra destinazione. Il pentito, Carmelo Bisognano, siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto, era finito invece direttamente in carcere, a Rebibbia. Secondo l’indagine, i tre uomini dell’Arma assegnati alla protezione del boss, avevano consultato più volte il sistema informatico per identificare, attraverso le targhe delle auto, chi frequentava l’ex compagna di Bisognano e, in particolare, la loro figlia.
Accessi per i quali i carabinieri non hanno conseguito alcun vantaggio personale, sostenendo di aver agito, come prevede il regolamento, per ragioni legate alla sicurezza del collaboratore di giustizia chiamato, periodicamente, a recarsi in Sicilia per partecipare ai processi.
L’indagine era stata avviata oltre un anno fa dalla procura antimafia di Messina che aveva indagato a piede libero i militari, accusati di avere con il pentito «un comportamebnto troppo confidenziale», trasmettendo poi il fascicolo alla procura di Rieti per competenza, in quanto è nel capoluogo sabino che viveva sotto scorta il boss di Barcellona Pozzo di Gotto. Da Rieti, le carte avevano preso rapidamente la strada per Roma dove era stato disposto l’arresto, ora annullato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA