Rieti, inferno al camping: in due verso il processo

L'incendio del 2017
di Renato Retini
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Venerdì 19 Giugno 2020, 07:09
RIETI - A quasi tre anni di distanza dall’incendio che il 6 agosto 2017 distrusse parte del camping Sky Caravan Club, a pochi chilometri da Pian dè Valli, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio dei coniugi Antonio Oliverii, 78 anni, residente a Micigliano, amministratore unico dell’azienda commerciale Cime delle Macchie che gestiva il camping, e di sua moglie Marilena Nicoletti, 54 anni, amministratrice unica della Sky Caravan srl, che aveva affittato l’area al marito, accusati per una serie di reati colposi che vanno dall’incendio all’omessa adozione di una serie di misure di sicurezza. Insomma, una questione di famiglia. L’udienza preliminare, fissata davanti al giudice Riccardo Porro, è però saltata per un difetto di notifica a una delle parti e si tornerà in aula il 21 luglio, ma non risultano al momento richieste da parte degli imputati, difesi dagli avvocati Alessandro Brucchietti e Giuseppe Perugino, di aderire a riti alternativi.

La vicenda
Due sono invece i campeggiatori (assistiti dagli avvocati Andrea Santarelli e Cinzia D’Eramo) indicati dalla procura come parti offese, presenti nel camping la notte in cui divamparono le fiamme e che solo la tempestiva reazione degli ospiti servì a evitare la tragedia. Incendio domato dai vigili del fuoco dopo dodici ore, ma il bilancio finale fu davvero pesante. Oltre ai gravi danni subiti dall’area camper, andarono distrutte decine di ettari del bosco limitrofo, caratterizzato da una vegetazione composta da larici, pini, faggi, abeti rossi e cerri. Un danno ambientale risultato di notevole gravità. Nel corso dell’inchiesta è stata decisiva la perizia disposta nell’ambito di un incidente probatorio dal gip Andrea Fanelli, i cui risultati, insieme alle indagini condotte dai carabinieri, hanno evidenziato le gravi carenze della struttura e spinto il sostituto procuratore Luana Bennetti a chiedere il rinvio a giudizio di moglie e marito. Il consulente di ufficio ha poi sottolineato l’inadeguatezza dei sistemi di sicurezza, con impianti elettrici non a norma, e l’impossibilità di usare gli idranti per arginare il fuoco perché mancava l’acqua e l’impianto idrico era scollegato. In aggiunta, le roulotte erano troppo vicine (la distanza minima non può essere inferiore a tre metri) e questo contribuì a facilitare l’effetto a catena delle fiamme, alimentate anche dall’esplosione di diverse bombole del gas. Unico buco nella ricostruzione è stata l’impossibilità di individuare una causa certa all’origine dell’incendio (l’unica ipotesi superstite avanzata è il cattivo funzionamento di un frigo che potrebbe aver scatenato un corto circuito dovuto alle scintille elettriche) perché, ha rilevato il gip, le alterazioni dei luoghi nel frattempo intervenute, hanno impedito, a distanza di otto mesi dal conferimento dell’incarico, di effettuare prelievi del terreno in quanto l’area non è mai stata sottoposta a sequestro preventivo.
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