Il dt Pavarese spiega l'addio
al Rieti: «Le speranze e ogni
progettualità disattese
e rottamatate, persa credibilità»

Luigi Pavarese (a destra) con il tecnico Bruno Caneo
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Mercoledì 13 Novembre 2019, 11:37
RIETI - Le dimissioni di Luigi Pavarese erano nell'aria e iri, 12 novembre, si sono materializzate. Oggi l'ormai ex direttore del'area tecnica spiega in una lunga nota le motivazioni.

«Termina dopo poche settimane la mia avventura al Rieti Calcio da Responsabile dell'area tecnica - inizia così la nota - Mentre ancora rifletto su quanto è accaduto in questo breve arco temporale, davanti agli occhi mi danzano alcune parole:  sfida, amore, calcio, credibilità, tutte parole che ben si adattano alle circostanze che mi costringono a lasciare Rieti e il Rieti. Sì, perché quella che avevo accettato poche settimane fa era un'autentica sfida, vista la situazione societaria che mi attendeva; una sfida che ho però accettato grazie al mio grande amore per il calcio, un amore antico e solido che come sempre mi ha spinto a mettere tutto me stesso nel progetto, dedicando ogni energia e ogni minuto nella mia giornata al Rieti».

«Alla breve ricostruzione - prosegue la nota - manca una parola, è vero, ed è credibilità, manca perché la mia credibilità acquisita in anni e anni di calcio in grandi piazze e accanto a personaggi di grande spessore umano e professionale, l'hanno scalfita, è stata usata, e l'ho capito troppo tardi, come specchietto per le allodole, infine è stata quasi completamente distrutta. Agli occhi dei calciatori e dell'intero comparto tecnico, infatti il mio arrivo a Rieti faceva rima con un progetto serio, con impegno e professionalità , con il desiderio di riportare in alto i colori di una città fra le più belle d'Italia, in poche parole con l'impegno di regalare un futuro stabile al Rieti, restituendo entusiasmo al suo presente».

«Speranza vana - continua ancora Pavarese - Le speranze e ogni progettualità sono state disattese e rottamate. 
Ho messo in gioco me stesso,  la mia professionalità, garantendo per altri, ahimè, un futuro roseo. Ho guardato negli occhi chi attendeva risposte e, sicuro di poter contare su solide fondamenta, a quegli occhi ho garantito certezze e progettualità. Tutto inutile, tutto bruciato sul falò della solita abitudine di fare le cose senza rispettare le persone e gli impegni, nella radicata convinzione che nel calcio si debba necessariamente comportarsi da furbi.
Ho dovuto e devo dire basta, ho dovuto e devo salutare una realtà che mi era subito entrata dentro. Sono costretto a lasciare una piazza e una tifoseria meritevoli di ben altro, rappresentando una città bellissima che è peraltro considerata il centro geografico dell'Italia, il cosiddetto "ombelico" del Paese e dunque andrebbe appunto messa al centro di un progetto serio».

«Non posso che salutare con affetto quanti mi hanno affiancato con sincerità e voglia di fare bene - conclude la nota - L'augurio alla squadra e alla città di imboccare al più breve e finalmente la strada della rinascita. A Rieti lascio un pezzo di cuore, ma devo dire basta per non lasciarci anche la mia credibilità. Ricordando, come scrisse Carlos Santana grande musicista e anche mezzo profeta, che :"un vincitore è un vincitore anche quando perde; un perdente è un perdente anche quando vince"».
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