I mezzi dell'Ares 118 si fermano con i feriti a bordo, le ambulanze non ce la fanno più

I mezzi dell'Ares 118 si fermano con i feriti a bordo, le ambulanze non ce la fanno più
di Giacomo Cavoli
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Domenica 19 Luglio 2020, 02:21

RIETI - Ambulanze con oltre 300 mila chilometri percorsi, pedane di accesso al vano sanitario non funzionanti, defibrillatori che si staccano e barelle ormai così vetuste da far rischiare incidenti durante il trasporto dei pazienti. E’ solo una parte della situazione nella quale versa il parco macchine in dotazione all’Ares 118 di Rieti che, dopo aver affrontato il contagio Covid di 17 suoi operatori sui 49 totali (una vicenda raccontata da Il Messaggero lo scorso 3 aprile), deve fare i conti con i quotidiani malfunzionamenti che attanagliano le ambulanze di servizio. Guasti che rischiano di minare l’attività dei sanitari anche nel corso di interventi importanti, come testimonia quanto accaduto lo scorso 8 luglio a seguito dell’incidente alla cittadella “Nubich” di Rieti.

Mezzi ko. Attualmente, l’Ares 118 di Rieti può contare su tre ambulanze condivise a rotazione con l’Ares di Viterbo, a seguito dell’accorpamento, avvenuto nel 2015, delle direzioni delle due centrali operative. Ma a sentire i racconti degli operatori sanitari reatini, lo stato nel quale versano gli automezzi con cui ogni giorno l’Ares di Rieti opera è da brividi. «Il regolamento prevede che le gli automezzi in dotazione debbano essere sostituiti dopo cinque anni o 150 mila chilometri percorsi – spiega un operatore dell’Ares 118 di Rieti, in rappresentanza delle rimostranze dei suoi colleghi – A nostra disposizione abbiamo invece ambulanze con 300-400 mila chilometri, vecchie anche di oltre dieci anni». 

Alla sede 118 dell’Asi, al nucleo industriale, accade dunque che «spesso le autoambulanze perdono l’olio, costringendoci a spargere la segatura per non far macchiare l’asfalto – prosegue l’operatore - Tirare giù le pedane d’accesso al vano sanitario per far salire una barella può diventare un’impresa, mentre anche le stesse lettighe sono talmente logore da non aprirsi oppure da rischiare di far cadere a terra il paziente, a causa del malfunzionamento delle ruote». Le sorprese non finiscono certo una volta entrati nel vano: come testimoniato anche dalle foto in possesso de Il Messaggero, le imbottiture del tettuccio sono ormai lacere e penzolanti, mentre «è già accaduto che a causa di una curva o di una brusca frenata i defibrillatori si siano staccati, finendo addosso al paziente – continua il sanitario - Una situazione che ci ha costretti ad applicare dei lacci per tenere fermo il macchinario». 
Per non parlare poi delle «sirene che si accendono anche ad ambulanza spenta, o dei cassetti del vano sanitario dove riponiamo farmaci e altro materiale, che sono stati chiusi con dei rudimentali gancetti di metallo per impedire che si aprano». 

Il caso Nubich. Testimonianza delle condizioni in cui versa il parco mezzi dell’Ares di Rieti è quanto accaduto lo scorso 8 luglio, quando alla cittadella Nubich della Scuola interforze dell’Esercito per l’addestramento Nbc, a via Marco Curio Dentato, un militare travolto da una ruspa è stato trasportato in eliambulanza al “Gemelli” di Roma. «Il primo soccorso, però, è stato fatto dell’Ares di Rieti – racconta un secondo operatore – Quando si è compresa la gravità delle condizioni dell’uomo, ne è stato deciso il trasporto in eliambulanza». E per fortuna: perché «quando gli operatori Ares si stavano preparando per andare via, l’ambulanza non si è più messa in moto. Se avessero dovuto trasportare il ferito, avrebbero dovuto chiamarne un’altra in soccorso».

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