L’INCHIESTA
Secondo le risultanze dell’inchiesta condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri di Rieti - coordinati dall’allora procuratore Giuseppe Saieva - tutto ruoterebbe intorno a presunte tangenti in cambio del rinnovo della convenzione per la gestione delle postazioni di emergenza sanitaria di Paganico, Borgo San Pietro, Poggio Mirteto e Torri in Sabina. Dodici, complessivamente, le persone ritenute a vario titolo responsabili dei reati di abuso di ufficio, corruzione, concussione, peculato, falso ideologico, truffa ai danni dello Stato e frode nelle pubbliche forniture per un danno erariale di oltre 4 milioni.
Tra le persone che furono raggiunte dagli avvisi di garanzia spiccarono, su tutti, l’ex direttore della centrale operativa Ares 118 di Rieti, Alfonso Tesoriere, l’ex direttore amministrativo dell’Ares, Giosué Calabrese (al tempo candidato sindaco) e il presidente dell’associazione di volontariato Croce Bianca Rieti, Giancarlo Di Vittorio. L’inchiesta della locale Procura era stata avviata a patire dalle dichiarazioni (e alcune registrazioni) di un imprenditore reatino del settore il quale poi aveva raccontato la vicenda al sindacalista romano della Funzione pubblica della Cgil, Sergio Bussone. Da qui la denuncia ai carabinieri.
LA DIFESA DI TESORIERE
Accuse pesanti ancora tutte da dimostrare in dibattimento e rispetto alle quali il dottor Tesoriere aveva dichiarato di esserne totalmente estraneo in quanto «dal 2004 tutte le convenzioni con soggetti esterni all’Ares di Rieti per l’appalto di beni e servizi erano una prerogativa esclusiva della Direzione generale di Roma. L’Unità operativa di Rieti non aveva mai stipulato convenzioni, non avendo autonomia finanziaria». Anche Calabrese aveva preso le distanze dall’accusa di abuso d’ufficio quale direttore amministrativo dell’Ares 118 per l’apposizione di una la firma di una autorizzazione «come se ne firmano tante». I fatti risalgono tutti al biennio 2013/2014. Attesa ora la decisione del gup a giugno.
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