Rieti, la Cassazione conferma
il licenziamento di Antonio Preite
da dirigente del Comune

Rieti, la Cassazione conferma il licenziamento di Antonio Preite da dirigente del Comune
2 Minuti di Lettura
Venerdì 23 Giugno 2017, 07:44 - Ultimo aggiornamento: 13:10
RIETI - Licenziamento definitivo, con sentenza passata in giudicato. La sesta sezione civile della Corte di Cassazione ha scritto la parola «fine» sulla vicenda giudiziaria di natura lavorativa che vedeva contrapposti l’amministrazione comunale e l’ex dirigente Antonio Preite (nella foto), responsabile del settore finanziario.

Preite, ricordiamo, fu licenziato dal Comune nell’ottobre 2014, con provvedimento poi confermato dal tribunale, in seguito alla vicenda giudiziaria che lo vede tutt’ora accusato di peculato e truffa e per la quale è in corso un giudizio. Già nel novembre dello scorso anno, il tribunale aveva respinto il ricorso contro il licenziamento presento da Antonio Preite tramite l’avvocato Amalia Falcone, stabilendo che l’ex dirigente non aveva diritto ad alcun risarcimento danni per la posizione dirigenziale perduta e per le relative indennità non percepite. L’avvocato Amalia Falcone, nel ricorso presentato, aveva chiesto per il suo assistito la reintegrazione nel ruolo occupato prima della rimozione.

La citazione era stata depositata a febbraio 2014, vale a dire otto mesi prima del licenziamento, e ripercorreva la storia professionale di Antonio Preite, a partire dagli arresti domiciliari patiti per via dell’inchiesta sulla gestione del patrimonio finanziario che avrebbe favorito una ditta esterna di consulenza, per proseguire con l’assegnazione (non appena rimesso in libertà e cessate le esigenze cautelari) a un ufficio con mansioni inferiori rispetto a quelle ricoperte fino all’apertura del procedimento penale (2012). Vicende che avevano spinto il sindaco a decretarne la sospensione dal servizio.

A novembre i giudice Valentina Cacace, aveva respinto il ricorso contro «la mancata riassegnazione di Preite alla direzione del settore finanziario», definendo la condotta del Comune «espressione di prudenza, visto il procedimento penale pendente che aveva determinato la sospensione del dirigente dall’incarico, peraltro già scaduto». Il tribunale poi escluse l’intento punitivo da parte dell’amministrazione, invocato dal ricorrente quando era stato assegnato ad un altro incarico, perché «il conferimento è avvenuto con chiaro riferimento alla sua provvisorietà e, dunque, non definitivo».

Ora la parola fine della Cassazione, che ritenuto inammissibile il ricorso presentato da Preite contro la sentenza del giudice del lavoro. Licenziamento era e licenziamento è.
© RIPRODUZIONE RISERVATA