Rieti, il racconto di Rachele: «Ero giunta a pesare 47 chili ma la bulimia ora è solo un ricordo»

Peso
di Sabrina Vecchi
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Mercoledì 12 Aprile 2023, 00:10

RIETI - Solitudine, senso di vuoto, una grande angoscia da colmare. Con il cibo. Rachele, reatina di 25 anni, sceglie un nome di fantasia per raccontare la sua storia nel vortice della bulimia, da cui si sta lentamente riprendendo. 
«È iniziato tutto il primo anno di università, in una facoltà che non mi piaceva per niente e in una casa in cui spesso rimanevo sola perché le mie coinquiline uscivano». Un percorso di vita tutto nuovo, che per Rachele coincide con la fine di una lunga attività agonistica nella ginnastica ritmica: «Fino ad allora ero controllata, pesata, facevo tutti i giorni molto sport. Poi tutto è cambiato, si sono concatenate diverse cose nello stesso momento». La sera, nella solitudine di una casa e di una città nuove e sconosciute, Rachele si rifugia nel senso di conforto trovato nel cibo: «Erano vere e proprie abbuffate, mangiavo buste e scatole intere di dolciumi, di patatine, di qualsiasi cosa trovassi nella dispensa. Per poi essere assalita dalla paura di ingrassare e procurarmi da sola il vomito, subito dopo». Una bulimia che diventa quotidiana e metodica, tanto che gli episodi di vomito salgono a più e più volte al giorno, e Rachele dimagrisce sette chili in soli due mesi. 
«Ero lucida e consapevole del mio problema, ma non riuscivo a smettere, a tirarmene fuori. Una sera stavo così male che ho provato anche a togliermi la vita». La ragazza trova il coraggio di confidare il suo problema ad una zia, ma non è sufficiente: nel 2016 arriva il grande peggioramento e il ricovero di un mese all’ospedale provinciale San Camillo de Lellis. Rachele, che è alta un metro e 74 centimetri, arriva a pesare solo 47 chilogrammi. «Mi sono ritrovata in reparto senza neppure capire come. Sono stata subito meglio perché lì ero controllata e con il cibo razionato, ma il percorso era molto lungo». E fatto di alti e bassi: «Non sono più tornata in quella casa universitaria, ho intrapreso vari percorsi con una psichiatra, con una psicologa, ma ho interrotto senza che il percorso fosse concluso. Ho ripreso un po’ i rapporti umani e cambiato facoltà, ma la bulimia è sempre rimasta una costante nella mia vita». 
Un demone che pare allentare la presa a fasi alterne, talvolta più feroce, talvolta più lieve. Fino all’arrivo della pandemia. «Alle prime riaperture non stavo in piedi, non mi tenevano le gambe. Ho fatto controlli medici di varia natura, tutti negativi: era semplicemente il mio fisico che si ribellava ad anni di torture». Rachele torna a curarsi, stavolta con più grinta e una nuova consapevolezza: «Ho conosciuto la dottoressa Bonifazi, sono entrata in pianta stabile al Centro per i disturbi del comportamento alimentare della Asl di Rieti, che poi ha aperto i battenti a Palazzo Dosi. Ho trovato un’equipe intera e diversificata, credo che la loro forza sia proprio l’unione, nel lavoro fatto insieme: io mi fido di loro, loro di me». 
Adesso, pian piano, si vede un po’ di luce. «Ci sto mettendo del mio, ho tanta forza di volontà. Sto meglio e peso 60 kg, ho ripreso a mangiare tutto, ho un rapporto diverso col cibo. Prima avevo eliminato del tutto alcuni alimenti, come i latticini, tanto che il mio corpo aveva preso a rifiutarli. Il mio fidanzato mi disse che mi avrebbe cucinato la pasta con il gorgonzola, gli risposi che assolutamente era troppo calorica». 
L’appello di curarsi va a chi si trova a vivere il suo stesso percorso: «È un processo lento e difficile, ma fatevi aiutare subito, e da specialisti del settore: amici o familiari non sanno come rapportarsi con questi problemi, e spesso finiscono per peggiorare la situazione». Oggi Rachele ha pian piano ripreso la sua vita, è serena e parla con tranquillità del suo problema: «Non ne sono ancora del tutto fuori ma ho fatto grandi progressi, ho tanti amici e sono una persona con una buona vita sociale, una cena fuori non mi spaventa più. E la pastasciutta con il gorgonzola è diventata il mio piatto preferito!».

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