La studentessa Alessandra Calì a Palermo: «Non vedo l'ora di tornare a Rieti per rivedere i miei cari»

La studentessa reatina Alessandra Calì
di Raffaele Passaro
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Lunedì 30 Novembre 2020, 14:52

RIETI - Molti lavoratori e studenti reatini fuori sede non sono tornati nella provincia reatina, restando quindi nelle varie zone d’Italia colorate di giallo, arancione o rosso e in continuo aggiornamento dall’ultimo Dpcm del Governo. Ne è una testimonianza Alessandra Calì, 23enne reatina, residente a Palermo dall’ottobre 2016 che studia Giurisprudenza all’Università pubblica del capoluogo siciliano. 


È una situazione difficile per il nostro Paese,  stretto ora nella morsa della seconda ondata della pandemia. È preoccupata?
«Sì. Lo sono sempre stata, da marzo 2020, durante la prima ondata. Ma ad essere sincera, ora lo sono più di prima, perché è palese come gli spiriti delle persone siano cambiati. Inoltre, è come se qui in Sicilia il virus fosse arrivato solo ora, con la seconda ondata. A marzo/aprile c'erano dei casi, ma si avvertiva tutto in misura minore: ora arriviamo a circa 1.500 nuovi casi giornalmente, ma siamo arrivati anche a 200 in più! Si sta cercando di non arrivare ad un lockdown generalizzato perché la situazione economica del Paese non ce lo permette. È un po' come scegliere di che morte morire. A preoccuparmi, quindi, non è solo l'esistenza effettiva di una pandemia (mai avrei pensato di vivere in un periodo simile), ma anche tutto quello che ne consegue». 


Abita a Palermo. Qual è la situazione in Sicilia e nella sua città?
«Qui a Palermo sono state adottate ulteriori restrizioni oltre a quelle imposte dall'ultimo Dpcm. Il sindaco Orlando, con un'ordinanza di qualche settimana fa, ha imposto il divieto di stazionamento in diverse zone della città e nelle spiagge, in orari precisi, proprio per evitare assembramenti e movimenti inutili. Dal 29 novembre abbiamo iniziato a far parte della zona gialla e ne sono parzialmente confortata, perché la zona arancione si stava facendo sentire, specialmente nel weekend quando si sarebbe voluto andare a prendere una birretta con 2 o 3 amici, ma si sapeva già che se si fosse andati in centro, il tempo di prendere il drink e bisognava muoversi per evitare una multa. Due settimane fa mi è capitato di uscire con degli amici a bere una birra in vista della loro partenza ma ,pur non stando in centro e quindi in zona "divieto stazionamento", ci è stato chiesto di consumare il più distante possibile dal locale. Ci siamo ritrovati a brindare in macchina! Nelle gelaterie fino ad ora hanno incartato i coni, hanno tolto le panchine, proprio per evitare che si consumasse il pasto davanti al locale. Da questi esempi, credo si possa capire come passasse la voglia di fare un qualcosa, se non strettamente necessario e inevitabile. Per cui, non mi meraviglio nel vedere saracinesche di locali che, col passare del tempo, non hanno più riaperto. Chi ha sempre lavorato molto, invece, sono i rider, dipendenti delle piattaforme del delivery food come Glovo o Social Food, che si vedono girare per le strade tutto il giorno, incessantemente».


Come trascorre le sue giornate?
«Sto quasi tutti i giorni della settimana in casa. Esco una volta alla settimana per la spesa e un due volte per fare attività fisica, dato che ancora ci è permessa, anche se chiaramente all'aria aperta. Cerco di alzarmi presto, per sistemarmi e iniziare a studiare. L'ambiente casalingo in realtà non aiuta molto la mia concentrazione: prima della pandemia ero abituata a vedermi giornalmente con le colleghe di università per seguire le lezioni e studiare insieme. Il virus ha paralizzato completamente questa mia routine. Cerco quindi di dedicarmi allo studio, in vista degli esami, alla cura della casa e a coltivare le mie passioni».


Si è trasferita a Palermo per studiare all’università. Cosa l’ha spinta così lontano da Rieti?
«Ho sempre amato la Sicilia, in special modo Palermo, essendo la città natale di mio padre. Ogni estate la passavamo qui, a casa dei miei nonni. Verso gli ultimi due anni di superiori mi iniziò a pulciare in testa l'idea di volermi trasferire qui per studiare, data la già disponibilità dell'alloggio e la nomea della facoltà di Giurisprudenza di Palermo.

Fu come se ne avessi sentito il richiamo. Quindi nel 2016, con l'appoggio dei miei genitori, feci i bagagli e mi stabilizzai qui. Sono a più di mille chilometri lontana da casa, dai miei cari, da 4 anni, però non mi pentirò mai della mia scelta».


Cosa studia ? Com’è cambiato il modo di frequentare il suo ateneo durante questa pandemia? 
«Studio nella facoltà di Giurisprudenza di Unipa, l'università pubblica di Palermo. Frequentare questo luogo e ciò che esso rappresenta era uno sprone per una maggiore concentrazione e mi aiutava ad avvertirne maggiormente la caratura storica. Ora, ovviamente, la sede è chiusa per le restrizioni Covid. Mi manca attraversarne le aule, il cortile così caratteristico e respirare il nostro passato legato a quello di nomi illustri che hanno lasciato in eredità un bagaglio di grande portata, che oggi più che mai dobbiamo saper riconoscere ed apprezzare. Parlo di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e anche del nostro attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella».

Come si è organizzata la sua università per quest’anno accademico? 
«Come credo la maggior parte delle università del Paese, le lezioni si svolgono a distanza giornalmente. Durante la prima ondata ci sono stati diversi problemi tecnici dati dalla disorganizzazione, adesso invece i professori sembrano essere più abituati, perciò anche le lezioni filano senza troppi intoppi. Pure i seminari si svolgono nelle stesse modalità, ma comunque non ci hanno mai fatto mancare la presenza di interventi interessanti anche di soggetti sparsi nel resto della nazione. Gli esami sono tutti a distanza, dagli scritti agli orali. Molti professori, infatti, hanno deciso di adottare la modalità scritta, nonostante solitamente l'esame fosse orale, proprio per minimizzare i tempi. Solo per l'appello molto spesso ci vuole un'ora e mezza...e anche per verbalizzare il voto!».


Le manca Rieti? 
«Sì, certo! Non torno a casa da quasi un anno. L'ultima volta che sono stata a Rieti fu il 13 gennaio scorso. Sarei dovuta tornare per la Pasqua, ma mi sono vista annullare il volo per ben due volte. Così ho passato le festività in modo diverso quest'anno: in videochiamata con i miei genitori. Fu come se fossimo stati tutti insieme comunque. Sto vivendo queste settimane con la speranza che non mi annullino nuovamente il volo per tornare per il Natale. Mi manca molto la città, il panorama reatino, i luoghi della mia infanzia e il cielo al tramonto... e chiaramente casa, la mia famiglia, la mia gatta, i miei nonni e i miei amici di sempre!».


Quando e come secondo lei si tornerà alla normalità? Come cambieranno i rapporti sociali dopo questo periodo?
«Il quando non saprei proprio prevederlo: la storia non insegna che questo genere di cose durino poco, però confido molto nella medicina moderna, nel fatto di vivere nel ventunesimo secolo, e spero che questa situazione possa finire prima che ci si possa avvicinare ulteriormente ad un punto di non ritorno. Per quanto riguarda il come: confido nel buonsenso delle persone! Ci si chiede di fare dei sacrifici e spero sempre che ognuno, nel proprio piccolo, possa fare il suo. Sicuramente sarà difficile tornare alla normalità per alcuni, me compresa. Non vedo il mio gruppo abituale di amici da un mese (siamo più di 10), ma le poche volte in cui ci siamo visti abbiamo sempre rispettato le distanze, ci siamo salutati a distanza e via discorrendo. Quando tutto finirà, sarà parecchio strano poterli riabbracciare con la leggerezza che nulla ci possa contagiare. Sono quasi certa che alcuni continueranno ad indossare le mascherine ancora per un bel po'. Però, l'idea di poter finalmente vedere i propri cari e abbracciarli, di poter festeggiare tutte le occasioni che non si sono potute festeggiare prima (compleanni, lauree, etc.) pian piano riuscirà a far tornare tutto alla normalità. E spero che da qui si possa ripartire: dal cercare di ridurre al minimo i rischi che ci tengono lontani gli uni dagli altri. Anche se questa esperienza farà sempre parte di ognuno di noi, in modo indelebile!».

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