Riccardo Bianchi ai domiciliari, per l'accusa sapeva delle irregolarità. Denunce preventive per coprire gli abusi

Riccardo Bianchi ai domiciliari, per l'accusa sapeva delle irregolarità. Denunce preventive per coprire gli abusi
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Sabato 25 Settembre 2021, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 16:38

RIETI - La strategia, specie a ridosso dei controlli che venivano effettuati dal Nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale (Nipaf) di Frosinone e dall’Arpa Lazio, era quella di tutelarsi dietro denunce fittizie per scarichi anomali presentate ai carabinieri nel tentativo di scongiurare responsabilità. Emergono nuovi dettagli dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Cassino, Vittoria Sodani, e si aggrava il quadro indiziario a carico del dirigente reatino ed ex presidente di Federlazio Rieti, Riccardo Bianchi, presidente e amministratore delegato di “AeA” e degli altri vertici della società che gestisce gli impianti di depurazione del Consorzio per lo sviluppo industriale del Lazio Meridionale (Cosilam) di Cassino. Bianchi, attualmente ai domiciliari con l’accusa di inquinamento ambientale del fiume Rio Pioppeto di Cassino, al pari dell’amministratore (e di fatto vero vertice gestionale e operativo di “AeA”) Roberto Orasi e del responsabile dell’impianto di depurazione, Amedeo Rota.

Le modalità. Nell’ordinanza sono contenute le risultanze dell’operazione “Acquanera”, frutto di due anni di indagini, rilievi, intercettazioni e prove fotografiche, da cui emerge un sistema di azione collaudato, finalizzato a «giustificare lo stato del depuratore attraverso la denuncia di non meglio precisati scarichi anomali, fingendo di non conoscerne le ragioni».

Lo scopo dei vertici della società era quello di apparire vittime delle immissioni di reflui irregolari che hanno comportato la formazione di fanghi, schiume e il superamento dei valori dei solidi sospesi, alluminio, solfiti e solfuri nelle acque del Rio Pioppeto. «Senti Robè - dice il presidente Bianchi all’amministratore Orasi in una telefonata intercettata - adesso facciamo la denuncia ai carabinieri sull’episodio di ieri, ma la denuncia la costruiamo in maniera tale che sia chiaro che questo è uno degli “N” episodi che ci stanno accadendo e nei limiti del possibile diremo che, tra gli altri, è accaduto questo giorno, quest’altro giorno e ci alleghiamo le comunicazioni».

«Sapevano tutto i vertici». Ma secondo il gip Sodani, «i vertici della “AeA” sanno benissimo la provenienza dei reflui che intasano il depuratore», motivo per il quale anche alla luce del fatto che sono episodi ricorrenti, «avrebbero potuto e dovuto attivarsi efficacemente, iniziando proprio dall’indicare nelle denunce chi effettua questi scarichi anomali». Gli inquirenti attribuiscono quindi agli indagati piena consapevolezza del mal funzionamento dell’impianto, degli scarichi oltre i limiti di legge e del conseguente inquinamento delle acque. Nel capitolo dedicato alle esigenze cautelari che vengono emesse, ravvisando un concreto pericolo di reiterazione dei reati, ai vertici di “AeA” viene riconosciuta «spregiudicatezza e determinazione nel perseguimento della strategia aziendale della “AeA”, disinteressata a garantire un efficace funzionamento degli impianti di depurazione gestiti».

Nello specifico, per il gip, il presidente e amministratore delegato reatino, Bianchi, dimostra di non pensare all’ammodernamento degli impianti e alla risoluzione dei problemi del depuratore, ma «lascia che si possano scaricare reflui che lui sa già essere violativi dei limiti tabellari, purché ci si metta d’accordo sul prezzo (come nel caso della società Chemi, versando 700mila euro anziché 170/180mila per andare oltre tabella). «Di fronte all’evidente problematica ambientale creata dallo scarico dell’impianto Cosilam - continua il giudice - si limita, nonostante il controllo della polizia giudiziaria, ad assumere un mero atteggiamento cautelativo, senza adoperarsi in alcun modo per l’eliminazione delle cause del malfunzionamento dell’impianto».

Interrogatorio di garanzia. Mentre si attende ora di conoscere la data dell’interrogatorio di garanzia disposto per i vertici di AeA - difesi dagli avvocati Sandro Salera, Paolo Marandola e Domenica Marzi - i comitati cittadini che da anni portano avanti la battaglia contro l’inquinamento del Rio Pioppeto, hanno mostrato soddisfazione. Seppur con cautela. I residenti nel tempo hanno più volte fatto esposti e mosso appelli per chiedere interventi a tutela del corso d’acqua di Cassino. Ora attendono il procedere dell’iter giudiziario, senza escludere la possibilità di costituirsi parte civile.

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