Omicidio di vicolo Barilotto, condanna confermata in appello per Alessandro Di Giambattista

Omicidio di vicolo Barilotto, condanna confermata in appello per Alessandro Di Giambattista
3 Minuti di Lettura
Lunedì 17 Maggio 2021, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 08:00

RIETI - Non aveva gradito le parole che un uomo, Enrico Andrea Piva di 67 anni, avrebbe rivolto alla sua ragazza e così ha deciso di punirlo dando fuoco a una palazzina dove abitava, in pieno centro storico a Rieti, in vicolo Barilotto, città dove da poco un giovane aquilano si era trasferito: Piva era morto, una vicina di casa si era salvata per miracolo ed era stata ricoverata per un’intossicazione da fumo. Decine gli appartamenti invasi dal fumo ed evacuati.

Grazie alle testimonianze dei vicini di casa il giovane era stato rintracciato dalla polizia e arrestato. Ora per quel gesto Alessandro Di Giambattista di 30 anni di Paganica, residente a Cittareale è stato nuovamente condannato a 27 anni di reclusione dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma, per la morte dell’anziano avvenuta il 12 agosto del 2017.

La prima condanna dalla Corte d’Assise di Roma risale al 20 ottobre dello scorso anno.

In quella circostanza il pm aveva chiesto la condanna del giovane aquilano a 30 anni di reclusione. Un’azione secondo l’accusa, ritenuta attiva e commissiva, per la quale il 30enne è stato condannato in primo grado per omicidio volontario aggravato da futili motivi anche al pagamento delle provvisionali alle parti civili rappresentate dai legali del foro di Rieti Cristian Baiocchi, Emanuele Chiarinelli, Gioia Tiberti e Rita Pezzotti (prossimi congiunti della vittima e i coniugi proprietari dell’immobile divorato dalle fiamme). Secondo quanto ricostruito dagli agenti della Mobile di Rieti, dopo aver litigato con Piva per alcune offese alla propria compagna, Di Giambattista, con un accendino, appiccò fuoco al mobilio al piano terra dell’abitazione dove era locatario il 67enne. 

L’incendio si propagò rapidamente avvolgendo l’intera abitazione. Per la vittima non ci fu possibilità di scampo: Piva era cardiopatico, sovrappeso, affetto da zoppìa e deambulava con l’ausilio di stampelle che non aveva con sé. Per lui un decesso - secondo gli esami autoptici - per insufficienza cardio-respiratoria per effetto combinato di inalazione di fumi e ustioni da fiamma. La difesa aveva sostenuto che al momento del fatto Di Giambattista non fosse capace di intendere e volere ma le perizie hanno poi smentito questa circostanza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA