L'orgoglio della Npc Rieti
e del popolo del PalaSojourner
contro una Biella pazzesca

I tifosi applaudono i giocatori a fine gara (Foto Itzel Cosentino)
di Emanuele Laurenzi
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Lunedì 10 Aprile 2017, 14:58 - Ultimo aggiornamento: 17:08
RIETI - L’orgoglio di esserci stati. La gioia di averci provato. La soddisfazione di aver combattuto. Sempre e fino in fondo. Sempre e come se non ci fosse un domani. Quell’orgoglio, quella gioia e quella soddisfazione che ti fanno essere ancora lì a cantare e ad applaudire, con la squadra sotto la curva mentre il tabellone sentenzia la sconfitta per 68-75. Stai lì a cantare sulla balaustra, mentre i tuoi hanno le facce stremate e, poco più in là, sfilano i vincitori che hanno le facce da alieni, ma che rendono l’onore delle armi. Ferguson, prima di tutti, che va a rincorrere Sims per abbracciarlo dopo la sirena finale.

E poi il gesto infinito di Mike Hall: si proprio quello che un anno fa ne segnò 28 al PalaSojourner ma sbagliò il tiro della vittoria. Si, proprio lui: quello che dopo la sirena finale rientrò in campo per tirare ancora quella palla e uscì nel tripudio generale. Si, proprio lui, quello che ieri è uscito dal campo applaudendo verso la curva che lo applaudiva, indicando gli ultras reatini come un esempio, andando a twittare poche ore dopo la fine della gara con parole che suonano come una medaglia d’oro sul petto dei reatini. «Che ambiente Rieti! Grande rispetto!»: uno schiaffo in faccia a quelli che parlano male di Rieti, una lezione a quelli che sono stati capaci di infliggere più 11.500 euro a questa tifoseria, questa curva, questa città.

Pazienza: perché se per qualcuno è facile giudicare e condannare stando seduti dietro ad una scrivania, le soddisfazioni arrivano quando gli avversari vincono, ma ti riconoscono l’onore della armi e tutta la loto ammirazione. Lezione di stile, lezione di vita, lezione da vincitori e vinti che hanno mostrato al mondo della pallacanestro che nello sport come nella vita si deve saper perdere, ma si deve saper anche vincere.

Hanno imparato questo, ieri, la Npc e tutto il pubblico reatino. Troppa Biella per questa Rieti, inutile negarlo. Troppi “marziani” in campo rispetto a gente normale. Ma il bello è stato comunque esserci e giocarsela fino in fondo. Perché chi s’aspettava o sospettava l’imbarcata e la cavalcata trionfale di Biella, ieri doveva essere al PalaSojourner. Atmosfera incandescente, anche per quei quasi 30 gradi che c’erano di fuori fin dalla mattina. Atmosfera rovente, per quel tifo cominciato fin da mezz’ora prima della gara.

Tanta Biella in campo, un’immensa Rieti sul parquet e sugli spalti. Dal momento della presentazione, dal momento dell’inno nazionale, col cd di Mameli che s’inceppa a metàe i 2mila che aspettano un attimo, si guardano intorno e poi attaccano sul “Po poropò poroporopopò Fratelli d’Italia…” e via così fino alla fine. Via così fino alla palla a due e via così fino all’avvio di un primo tempo, di un primo quarto che è sogno ad occhi aperti, goduria pura, gioia infinita. Via ad un primo quarto che sembra una tabellina del tre: Benedusi, Chillo, Zanelli. Tre per tre in un amen, tre bombe in meno di 90” di gioco ed è primo delirio PalaSojourner, allungo Rieti subito e Biella che si guarda intorno come a dire “Dove siamo capitati?”. Si spinge, si corre e si vola avanti fino al primo allungo dopo 10’, primo parziale, avanti di 6 sul 20-14 con, manco a dirlo, un’altra tripla marcata Della Rosa. Sugli spalti è festa, c’è aria di impresa, c’è sogno playoff.

Si torna in campo e tutto si ribalta e da quel momento in avanti è solo salite e discese, Inferno e Paradiso, montagne russe ed ottovolante, un mix da mal di stomaco e capogiro. Biella scappa, corre, segna e piazza 12-0 di parziale in 4 giri di lancette. Sembra il tracollo e invece Rieti reagisce e rientra. Segna Udom, quello che non t’aspetti, mentre Ferguson e Hall sembra stiano lì solo a guardare. Rieti soffre e la sofferenza è tutta in quell’urlo di Casini, che crolla a terra si tocca la caviglia, si mette le mani nei capelli e fa pensare al peggio. La sofferenza è nella faccia di Zanelli che non sta bene, entra e esce dal campo e lotta con la rabbia di chi non ne vuol sapere di mollare. Ed è lì che l’orgoglio colma tutta la differenza tecnica che c’è in campo, con canestri di cattiveria, con punti che rimettono tutto come se nulla fosse accaduto, fino all’ingresso negli spogliatoi sul 34 pari. C’è speranza e c’è voglia di impresa, mentre si chiacchiera sugli spalti.

Poi si torna in campo ed è ancora altalena di emozioni, Sali e scendi di punteggio. Con Biella che ripiazza un altro parzialone, scappa fino al +12 e quando sembra che stia per finire esplode Pepper, rispunta Zanelli ed è ancora partita aperta dopo un clamoroso recupero fino al -3. Ci serve un altro time out di Carrea, ci serve tutta la classe, la forza e la genialità di Ferguson e Hall, che infilano triple da Nba, che segnano anche dallo svincolo del Macelletto e provano ad ammazzare la partita.

Ed è lì che capisci che è troppa Biella per Rieti. Ma Rieti non ci sta, lotta, sgomita e prova a starci dentro fino alla fine. Fino a mezzo quarto dalla fine, quando Della Rosa segna il canto del cigno con un’altra tripla che vale l’ultimo -3 dell’incontro. Poi arriva qualche canestro sporco e alla fine spunta Venuto che a poco più di due giri di lancette dalla fine infila una tripla che è una sentenza: +10, fuga per la vittoria. E finisce lì, col PalaSojourner che comunque canta, col PalaSojourner che comunque applaude, col PalaSojourner che incassa l’onore delle armi e  quell’applauso dei vincitori.

Finisce con quel grido di battaglia di coach Nunzi che in sala stampa lo urla chiaro e tondo: «Finché c’è una sola speranza di play off, noi ce la giocheremo». Con l’orgoglio di esserci, la gioia di provarci e la soddisfazione di combattere. Sempre e come se non ci fosse un domani.
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