Monsignor Pompili, un episcopato legato indissolubilmente alle terre del sisma, battute palmo a palmo con la sua “pandina” tra macerie, neve e covid

Monsignor Pompili, un episcopato legato indissolubilmente alle terre del sisma, battute palmo a palmo con la sua “pandina” tra macerie, neve e covid
di Marzio Mozzetti
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Domenica 3 Luglio 2022, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 16:37

RIETI - Una delle giornate più difficili, il 18 gennaio 2017 ad Amatrice. Oltre alle scosse che si susseguivano, era in corso nella zona una delle più grandi nevicate mai ricordate dal lontano 1954. Terremoto e neve. Il senso di impotenza, ancora una volta: le ultime case che cadevano giù, il campanile di Sant’Agostino che rovinava a terra inesorabilmente e le stalle bloccate dai muri nevosi che avrebbero costituito una vera e proprio emergenza nei giorni a seguire. Non era decisamente possibile raggiungere il capoluogo, dalla mia frazione, Santa Giusta. Per andare ad Amatrice era aperta solo la strada Romanina, che presto divenne impraticabile. Le turbine richieste a gran voce dal sindaco Pirozzi tarderanno ad arrivare. In questa situazione, mentre i vigili del fuoco erano presi a rimuovere la neve di alcune casette prefabbricate, mi recai al centro che la Caritas aveva predisposto dal terremoto del 24 agosto 2016, proprio a Santa Giusta.

E’ ormai pomeriggio e la neve non accenna a smettere: mi reco a salutare i frati francescani e quando apro la porta eccolo lì, il vescovo di Rieti Domenico Pompili.

Don Domenico era salito insieme con il responsabile della Caritas diocesana, don Fabrizio Borrello, con quel “pandino” 4x4 che rimarrà un segno distintivo della sua incessante presenza sul territorio all’indomani del sisma. Scatto una foto, ma alla fine non la pubblicherò mai. Non sono riuscito a ritrovarla: in quei giorni di emergenza anche le immagini hanno ceduto il posto alle forti emozioni. Quel giorno il vescovo non credo fosse riuscito più a raggiungerla Amatrice, ma la riunione operativa si svolse comunque. 

«Volevamo capire chi era isolato - disse Pompili in quei frangenti - la Caritas arriva dove possibile: qui a Santa Giusta ospitiamo anche varie persone e ad Amatrice i nostri locali hanno ospitato il Pass che è crollato. Cerchiamo di resistere e creare le condizioni perché passate le scosse e smesso il maltempo si torni a vivere». Alla fine anche la neve passò. Passarono i presidenti del consiglio, i commissari straordinari ed anche i sindaci, ma don Domenico è rimasto sempre lì, sulla breccia, macinando chilometri con il “pandino”, alimentando la speranza, partecipando a giornate con la popolazione di Amatrice ed Accumoli e sferzando anche quando serviva, nelle sue omelie, sia la politica che gli stessi terremotati, ma sempre con filosofia e con lo spirito del navigatore che mai deve abbandonare la rotta. 
Nel frattempo la grande sfida di “Casa Futuro” che è in fase di costruzione ad Amatrice e tanti altri momenti che rimarranno indelebili nella mente. Dalle strazianti celebrazioni dei funerali, alle veglie di preghiera ogni volta che si ricorda la ricorrenza del sisma, passando per le due Via Crucis a loro modo indimenticabili.

Le Via Crucis. La prima tra le macerie del centro storico di Amatrice, con i tanti dubbi legati ancora alla sicurezza, ma con la ferma volontà degli amatriciani di percorrere le vie, un tempo colme di vita ed ora fonte solo di ricordi. Poi ancora una volta nel 2020, in pieno lockdown, la celebrazione di Pompili che attraversa i luoghi deserti con la croce e visita le Sae di Amatrice con i cittadini che assistono dalle finestre o dai cortili. 
Il vescovo era giunto ad Amatrice per la prima volta, il 27 settembre del 2015, quando ancora tutto era intatto. La visita pastorale, i cartelli di benvenuto, il saluto con il parroco Don Savino D’Amelio e ed il vice sindaco Carloni, la messa nel duomo di San Francesco e la visita delle parrocchie nelle frazioni.

Chi avrebbe mai creduto che nemmeno un anno dopo tutte quelle chiese sarebbero state spazzate via dalla furia del terremoto? Lascia Amatrice ed Accumoli Pompili, non andrà via di notte come ha già rassicurato i fedeli, ma sicuramente ad Amatrice il momento più toccante si svolgerà proprio la notte del 24 agosto, quando durante la veglia di preghiera e la lettura delle vittime del sisma ancora una volta il vescovo sarà lì, a far riflettere tutti e a ribadire: “quel che è stato seminato porti frutto”.

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