Il film sulla vita di Kobe Bryant esalta gli anni di Rieti del campione della Nba morto due anni fa

Il film sulla vita di Kobe Bryant esalta gli anni di Rieti del campione della Nba morto due anni fa
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Domenica 18 Settembre 2022, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 10:26

RIETI - E’ da pochi giorni in onda su Amazon Prime Video il documentario “Kobe, una storia italiana” che ricostruisce i 7 anni vissuti nel nostro paese - dal 1984 al 1991, da 6 a 13 anni, dalla compianta star dei Los Angeles Lakers, Kobe Bryant, tra Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia - l’importante ruolo avuto nella formazione del suo carattere e della sua personalità, come lui stesso spiega in una serie di interviste di repertorio in cui parla italiano con grande proprietà di linguaggio.

Le interviste. Rendono omaggio a Kobe giocatore gli illustri avversari in Nba Marco Belinelli e Danilo Gallinari, nonché Ettore Messina che fu viceallenatore di Bryant ai Lakers nel 2011/12 e lo affrontò poi nel medesimo ruolo a San Antonio dal 2014 al 2016, quando il figlio di Joe Bryant si ritirò a 36 anni.

Ma a tratteggiare meglio il personaggio di Kobe sono soprattutto chi conobbe il ragazzino, fu in contatto con lui e lo vide crescere nelle varie città in cui è transitato, a ognuna delle quali è dedicato ampio spazio nei 90 minuti del film sapientemente scritto da Giovanni Filippetto e ben diretto da Jesus Garcés Lambert. Per quanto riguarda Rieti, a raccontare Kobe sono il giornalista de “Il Messaggero” Luigi Ricci, la giornalista della Rai Gemma Giovannelli, il presidente dell’epoca della Amg Sebastiani Otello Rinaldi, che ingaggiò il padre, l’allora allenatore di minibasket Claudio Di Fazi e la maestra Lina della scuola elementare di Lisciano frequentata dal piccolo Kobe.

Il personaggio. Guardando il documentario si capisce quanto già si intuiva e che spiega come mai, nelle numerose volte in cui Kobe è tornato in Italia non sia ma venuto a Rieti, che però ha dimostrato di ricordare bene, come testimonia il piacere col quale saluta la sua ex maestra. Troppo piccolo dai 6 agli 8 anni per imprimere nella memoria i primi amici, soprattutto compagni di scuola presto abbandonati anche perché Kobe nel secondo anno a Rieti passò alla Guglielmo Marconi. Già c’è qualche ricordo più vivido a 9 anni con l’ex compagno di scuola poi divenuto medico e, infine, da 10 a 13 anni, tra Pistoia e Reggio Emilia, le conoscenze più profonde, durature, mantenute anche quando divenne una star, nonché le più commoventi.

Il periodo reatino. Però, grazie alle interviste reatine emerge il forte impegno ad aiutare Kobe e famiglia a integrarsi in una nuova realtà, che poi ha contribuito a svilupparne le forti radici italiane di cui era orgoglioso, come spiega lui stesso dicendo “non so davvero chi mi circonda negli Usa - imprigionato da una torre d’avorio - mentre in Italia sono semplicemente Kobe e provo ancora il piacere dei rapporti personali come prendere un gelato con gli amici, ma che fatico a far capire alle mie figlie” una delle quali, Gianna, perì col padre nell’incidente in elicottero del 26 gennaio 2020.

Una ricostruzione meticolosa quella di “Kobe, una storia italiana” a cominciare dai primi tiri in allenamento a Rieti con papà Joe, quelli solitari al campetto degli Stimmatini, fino alla prima vera partita di minibasket quando dopo 10 minuti Di Fazi fu costretto a farlo uscire “perché bambini e genitori si stavano arrabbiando. Come pure Kobe quando passò davanti alla nostra panchina senza salutare”. Primo segnale del forte carattere di un bimbo che già diceva “Un giorno giocherò nell’Nba”. Nessuno ci credeva tranne ovviamente Kobe.

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