Prigioniero nella casa Ater troppo piccola: si sente male e per portarlo in ospedale i pompieri lo devono prendere dalla finestra

Prigioniero nella casa Ater troppo piccola: si sente male e per portarlo in ospedale i pompieri lo devono prendere dalla finestra
di Raffaella Di Claudio
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Venerdì 14 Ottobre 2022, 00:10

RIETI - Quello che per mesi la signora Stefania ha tentato di evitare, è capitato. Da luglio 2021, attraverso le pagine de Il Messaggero, chiede a più riprese all’Ater di Rieti di essere trasferita con i due figli disabili in un alloggio in grado di rispondere alle esigenze dei due ragazzi che non possono più vivere nella casa inserita all’interno del complesso Ater di Canneto, nel comune di Fara Sabina

Una tarppola. Quell’abitazione è diventata una trappola per i due ragazzi, di 30 e 28 anni. Da mesi la signora Stefania ripete che non è più possibile vivere in un appartamento su due piani con stanze e bagno quasi impraticabili per quanto sono stretti e una scala a gomito larga appena 60 centimetri. 
«Se si sentono male rivivremo quello che abbiamo vissuto con mio marito, che quando, prima di morire, si è sentito male è stato soccorso dalla finestra dai vigili del fuoco», temeva la signora Stefania.

E il 6 ottobre le sue paure si sono materializzate. Come in un terribile “deja vu”, il figlio maschio è stato colto da malore e, esattamente come era successo al marito e padre dei ragazzi che oggi non c’è più, per portarlo fuori dalla casa è stato necessario l’intervento dei pompieri. Non riuscendo a far passare la barella per le scale, sono stati costretti a raggiungere la camera da letto del ragazzo dall’esterno. 

L’intervento. Tutto è accaduto all’una di notte del 6 ottobre. Il ragazzo si è sentito male nell’angusto bagno dell’alloggio e ha perso sangue. Quando la mamma e la sorella se ne sono accorte hanno immediatamente chiamato il 118, ma per gli operatori portarlo fuori da quella casa, attraverso la minuscola scala che collega la zona giorno alla zona notte era impossibile. Hanno quindi chiamato i vigili del fuoco, intervenuti con un’autoscala: l’unico modo per portare in salvo il ragazzo, poi trasferito in ospedale. Da un paio di giorni il giovane è tornato a casa ma le sue condizioni continuano a destare preoccupazione nella signora Stefania, che da 14 mesi si appella all’Ater, restando inascoltata. 

La domanda. «Da quando a giugno 2021 ho presentato la domanda per chiedere di essere trasferita insieme ai miei figli in una casa adatta a loro – racconta la signora – nulla è cambiato. Ho più volte segnalato la presenza di un appartamento sfitto a Borgo Quinzio, ma dall’Ater mi hanno risposto che il proprietario non ha riconsegnato le chiavi, quindi non è utilizzabile. Successivamente mi hanno proposto un alloggio nel complesso di Corese Terra, ma era pieno di muffa e le stanze erano piccolissime. Non so veramente più cosa fare e con il peggiorare delle condizioni di salute di mio figlio, la situazione sta diventando insostenibile. Perché dobbiamo sopportare tutto questo? Chiedo solo una casa dove i miei figli possano vivere una vita serena senza correre rischi ogni giorno». 

L’azienda territoriale. A luglio 2021, contattata da Il Messaggero, l’Ater aveva sottolineato l’assenza di alloggi disponibili nel comune di Fara Sabina, annoverando come unica opzione un alloggio situato a Prime Case. Lo stesso che richiedeva diversi mesi per essere ristrutturato e che fu proposto alla giovane Elisabetta, ventenne malata oncologica deceduta a maggio nell’alloggio invaso di muffa a Corese Terra, senza che nessuna alternativa abitativa sia stata trovata in tempo per 

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