Il prefetto della Segreteria per l'Economia della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano interviene al Meeting di Cl con una relazione su «Chiesa e denaro». Spiega che «quello che stiamo tentando di fare in Vaticano contiene lezioni per la Chiesa in generale». «In Vaticano - rileva il porporato - stiamo tentando di mettere in pratica gli insegnamenti cristiani sulla proprietà, la ricchezza ed il servizio ai poveri ed a chi soffre. I moderni metodi di controllo sono buoni, e forse rappresentano il modo migliore per assicurare onestà ed efficienza. Ciò richiede la necessità di avvalersi di esperti laici di grande competenza e la adozione del principio di trasparenza, sulla base del quale rispondiamo alla comunità, compresi i laici, di cosa le gerarchie fanno con i soldi della chiesa».
Pell continua sostenendo che «È pericoloso, moralmente sbagliato, il fatto che un esponente di vertice della Chiesa, un Vescovo, i parroci o i superiori religiosi si dicano contenti del non interessarsi minimamente di come i soldi della Chiesa vengano utilizzati e dicano che "di soldi non capiscono nulla". Questo atteggiamento apre le porte agli incompetenti ed ai mascalzoni». Secondo il "ministro dell'Economia" di Papa Francesco, «un leader della Chiesa non deve essere necessariamente un esperto, ma deve capire dove c'è del marcio e rendersi conto del fatto che i soldi della Chiesa di cui controlla la spesa siano usati bene».
Insomma, per il porporato «quanti hanno accesso al patrimonio ecclesiastico devono essere credibili in questo mondo e non solo nei confronti di Dio. Se la Chiesa ha investimenti e proprietà, le autorità ecclesiastiche hanno un obbligo morale a tendere ad un adeguato livello di rendita finanziaria. Se questo obiettivo non viene raggiunto, spesso - ammonisce - significa che qualcun altro ci guadagna». A tal proposito, cita un aneddoto: «In una delle mie diocesi un parroco diede in affitto un grande edificio per un canone basso e non congruo. Il suo inquilino subafittava una parte di quello stesso edificio per una somma maggiore di quella che questo stesso inquilino pagava al parroco per l'intero immobile. Dare in affitto immobili che ci sono dati da amministrare a amici o amici degli amici è sbagliato, moralmente sbagliato».
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