Papa Wojtyla, dieci anni fa moriva "l'atleta di Dio"

Papa Wojtyla, dieci anni fa moriva "l'atleta di Dio"
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Giovedì 2 Aprile 2015, 19:36 - Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 16:18

Era il 2 aprile di dieci anni fa. La gente sotto la sua finestra in piazza san Pietro a pregare. I giovani lo chiamano ancora: «Giovanni Paolo, Giovanni Paolo», guardano verso la finestra del secondo piano del Palazzo apostolico. Ma Karol Wojtyla, dopo anni di malattia e una vera e propria agonia che negli ultimi giorni gli aveva tolto la parola e il respiro, dice, come raccontato in seguito da chi era accanto a lui in quel momento: «Lasciatemi tornare alla casa del Padre».

Sono passati dieci anni dalla morte di Papa Giovanni Paolo II.

Un momento 'storico' vissuto intensamente non solo dai cattolici ma dal mondo intero. A dare l'annuncio ai fedeli, che non si spostavano dalla piazza per stringersi attorno al Papa malato, il cardinale Leonardo Sandri, allora Sostituto alla Segreteria di Stato: «Carissimi fratelli e sorelle, alle 21.37 il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre. Preghiamo per lui».

Un silenzio irreale, molte lacrime, qualcuno invece applaude per salutare per l'ultima volta il Papa polacco. Tanti i giovani che si passano il messaggio e si riversano nelle vie adiacenti del Vaticano per pregare insieme. Ne arriveranno a milioni nei giorni seguenti per dare l'ultimo saluto al feretro. E quello tra i giovani e Wojtyla è stato davvero un rapporto speciale. Lo ha ricordato anche Papa Francesco nella Messa della domenica Palme con una San Pietro gremita di ragazzi. Li ha invitati a fare bene il cammino verso la Gmg che si terrà «l'anno prossimo a Cracovia, patria di san Giovanni Paolo II, iniziatore delle Giornate Mondiali della Gioventù».

E chi non ricorda l'attentato ad opera di Alì Agca. La veste di Wojtyla col sangue di quell'aggressione del 13 Maggio 1981 in piazza San Pietro, durante l'udienza generale che allora si teneva nel pomeriggio, è esposta nella cappella della

Congregazione delle Figlie della Carità.

Dieci anni fa, Roma fu invasa da un pellegrinaggio spontaneo per salutare quello che già tutti già acclamavano «Santo subito». Anche dieci ore e più di fila per una preghiera di pochi secondi in Basilica. E poi il funerale con tutti i più importanti capi di Stato di quel momento. Dagli Stati Uniti tre presidenti della Repubblica: i George Bush, padre e figlio (quest'ultimo il Capo di Stato di quel momento), e Bill Clinton. Ma quella che si raccoglie sul sagrato per il Papa è una piccola Onu: il presidente iraniano Khatami che bacia il re Abdhallah di Giordania, il re Juan Carlos che saluta il premier Silvio Berlusconi. Arrivano anche Lula dal Brasile, Karzai dall'Afghanistan, i re di Giordania e Siria, per citarne alcuni.

Ma la gente lo vuole santo e la beatificazione arriva a tempo record: è il primo maggio 2011 quando viene proclamato beato dal suo successore Benedetto XVI. Nella storia della Chiesa non accadeva da circa un millennio che un Papa proclamasse beato il proprio immediato predecessore.

Il resto è storia più recente: il 27 aprile 2014 è stato proclamato santo da Papa Francesco insieme a Giovanni XXIII. Sul sagrato anche Ratzinger per una cerimonia che passa alla storia come la canonizzazione dei «quattro papi». Il suo segretario storico, il cardinale Stanislaw Dziwisz, trentanove anni accanto a Karol Wojtyla prima in Polonia e dopo a Roma, in quell'occasione disse: «Ho vissuto con un santo, ho sempre avuto questa precisa impressione». Ora sarà lui a celebrare a Cracovia, nel grande santuario costruito di recente in memoria di Giovanni Paolo II, la Gmg del 2016.

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