Scontro a distanza tra Francesco e le vittime della pedofilia, «noi non diciamo bugie», «portatemi prove»

Scontro a distanza tra Francesco e le vittime della pedofilia, «noi non diciamo bugie», «portatemi prove»
di Franca Giansoldati
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Venerdì 19 Gennaio 2018, 14:22 - Ultimo aggiornamento: 19:35
LIMA «Santità noi vittime di pedofili non diciamo bugie, crediamo nella verità e chiediamo rispetto per le accuse che muoviamo contro il vescovo Barros che lei continua a difendere». Le polemiche – feroci e implacabili – sulla piaga degli abusi cileni rincorrono Papa Francesco ovunque vada, e lo raggiungono anche in Perù, dove è arrivato in serata accolto da milioni di persone riversati per le strade.

Anche a Lima ci sono state manifestazioni di protesta per l'appoggio concesso dal Vaticano al fondatore di un ordine religioso peruviano, Fernando Figari, attualmente protetto in un monastero in Italia. Lo scontro a distanza – inedito e mai visto in questi toni – tra il Papa e le vittime cilene scoppia violento. Tutto ha avuto origine dalle dichiarazioni di Bergoglio prima di salire sull'aereo per Lima è sentito chiedere da un giornalista cileno perché continuasse a difendere a spada tratta il vescovo di Osorno, Juan Barros, nonostante le accuse contro di lui. «Il giorno che qualcuno mi porterà una prova contro monsignor Barros vedrò come agire, per ora sono solo calunnie». Parole che hanno causato dolore su dolore.

Una vittima, Juan Carlos Cruz ha ripetuto per l'ennesima volta in pubblico che Barros è un «bugiardo, un delinquente che soffre di amnesie», visto che quando il pedofilo padre Karadima lo abusava Barros era presente. «Perdonatemi se sono crudo, ma quando Karadima mi toccava i genitali, quando mi si avvicinava per baciarmi, Barros stava lì, e anche quando lui baciava e abbracciava Karadima. E un insabbiatore di abusi e dovrebbe stare in carcere o per lo meno dovrebbe essere dimissionato».

Parole choccanti che Juan Carlos Cruz avrebbe voluto raccontare personalmente a Bergoglio la sua storia se solo ne avesse avuto modo. Invece, nell'incontro in nunziatura tra il pontefice e due vittime, avvenuto in segreto tre giorni fa, sia lui che gli altri abusati da Karadima, sono stati esclusi. Ancora ieri questo inspiegabile ostracismo bruciava ed è stato al centro di amare riflessioni. «Il Papa chiede prove, ma cosa avrei dovuto fare mentre venivo abusato e Barros era lì, fare una foto col telefonino?». 

Il portavoce dei vescovi, Jaime Coiro, dice che la Chiesa intende garantire l'anonimato dei due partecipanti alla riunione. Coloro che hanno scoperchiato l'inferno della Chiesa cilena -Juan Carlos Cruz, James Hamilton e José Andrés Murillo- avevano inoltrato richiesta di udienza. Niente da fare. Lo stesso ha fatto Jaime Concha, che ha denunciato gli abusi in un istituto marista di Santiago. «Quelli che, come me, si sono esposti pubblicamente, presentando denunce giudiziarie, sono stati esclusi e questo non può che preoccuparci. Anche questa riunione in nunziatura è diventata qualcosa della quale non bisogna parlare, un nuovo segreto. Le vittime che vi hanno assistito sono state vittimizzate una seconda volta».

 
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