Negli ultimi tre anni Papa Francesco ha cercato di farsi mediatore senza troppi successi. Ha incontrato in Vaticano anche il presidente Maduro, ha fatto da tramite con le opposizioni, ha inviato in loco un suo intermediario per aiutare a creare una base per una possibile negoziazione. Poi si è schierato contro la nuova costituzione e ora, davanti alle urne, con il Paese in una situazione economica e sociale tragica, ha lanciato l'ennesimo appello. Nel frattempo l'opposizione si è spaccata e ha deciso di boicottare le urne e molti dei leader sono già scappati all'estero per sfuggire alla repressione. Il collasso anche economico è ormai una realtà.
Le elezioni anticipate volute da Nicolas Maduro per essere rieletto dovrebbero chiamare alle urne 20,5 milioni di elettori ma l'opposizione ha boicottato il voto. Maduro - al potere dal 2013 – certo della vittoria elettorale dovrebbe rimanere così in sella fino al 2024. L'erede politico di Hugo Chavez è responsabile di una vera a propria implosione dell'economia del Paese, che si trova a con un tasso d'inflazione annuo di circa il 14.000% e dove il salario minimo è meno di 1,7 euro.
Negli ultimi quattro anni il Pil è crollato del 31,9%, mentre la produzione di petrolio - origine di oltre il 90% degli introiti nazionali - è ai minimi trentennali. In questo quadro, oltre un milione di venezuelani sono scappati dal Paese negli ultimi due anni, creando un flusso su tutta l'America Latina che preoccupa vari governi e l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Omi). Maduro affronta le elezioni quasi senza rivali: il candidato dell'opposizione è Henri Falcon, un ex governatore chavista che ha rotto con il Tavolo dell'Unità Democratica (Mud), la coalizione antichavista che ha conquistato una maggioranza parlamentare di due terzi dei seggi nelle politiche del 2015.
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