«Un idolo – ha spiegato il Papa - è una visione che tende a diventare una fissazione, un’ossessione. L’idolo è in realtà una proiezione di sé stessi negli oggetti o nei progetti. Di questa dinamica si serve, ad esempio, la pubblicità: non vedo l’oggetto in sé ma percepisco quell’automobile, quello smartphone, quel ruolo – o altre cose – come un mezzo per realizzarmi e rispondere ai miei bisogni essenziali. E lo cerco, parlo di quello, penso a quello; l’idea di possedere quell’oggetto o realizzare quel progetto, raggiungere quella posizione, sembra una via meravigliosa per la felicità, una torre per raggiungere il cielo, e tutto diventa funzionale a quella meta».
Ecco che allora si entra nella seconda fase: «In antichità si facevano sacrifici umani agli idoli, ma anche oggi: per la carriera si sacrificano i figli, trascurandoli o semplicemente non generandoli; la bellezza chiede sacrifici umani; la fama chiede l’immolazione di sé stessi, della propria innocenza e autenticità. Gli idoli chiedono sangue. Il denaro ruba la vita e il piacere porta alla solitudine. Le strutture economiche sacrificano vite umane per utili maggiori. Si vive nell’ipocrisia, facendo e dicendo quel che gli altri si aspettano, perché il dio della propria affermazione lo impone. E si rovinano vite, si distruggono famiglie e si abbandonano giovani in mano a modelli distruttivi, pur di aumentare il profitto». Ci si scopre schiavi, ha aggiunto Papa Francesco, e in più infelici. «Gli idoli proiettano ipotesi future e fanno disprezzare il presente; il Dio vero insegna a vivere nella realtà di ogni giorno».
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