Svolta autoritaria del Papa, motu proprio per prolungare i capi dicasteri con più di 75 anni

Svolta autoritaria del Papa, motu proprio per prolungare i capi dicasteri con più di 75 anni
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 14 Febbraio 2018, 18:59 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 10:59

Città del Vaticano Contrordine compagni. In curia da ora in poi non è più detto che i cardinali andranno in pensione a 75 anni, come in precedenza aveva ribadito Papa Francesco (e come indicavano le regole). Potranno farlo solo quando lui vorrà. Sta per uscire un motu che di fatto ratificherà le anomalie ma soprattutto eviterà, come effetto collaterale, che l'attuale squadra di governo possa mutare troppo rapidamente, visto che parecchi cardinali capi dicastero sono già scaduti, o in scadenza. La disposizione dovrebbe uscire tra qualche giorno ma già sta creando un vespaio nel piccolo stato pontificio. Difficile dimenticare il caso Mueller e le spiegazioni che aveva fornito il Papa per liquidarlo al compimento dei 75 anni. Così come Prefetto dell'ex Sant'Uffizio, al posto del tedesco ultra conservatore Mueller lo aveva sostituito con il gesuita Ladaria. Il chiarimento che Papa Francesco aveva dato al cardinale silurato era che esisteva in curia la regola dei 75 anni e bisognava farla rispettare. Salvo poi cambiare idea decidere di emanare una legge ad hoc. Insomma, niente più pensione certa per i capi dicastero. Tutto avverrà secondo la volontà di Papa Francesco, frutto di un percorso di restaurazione e da un decisionismo marcato. L'anno scorso diversi licenziamenti in tronco, su due piedi, dall'oggi al domani senza dare spiegazioni di sorta avevano creato molti malumori. Si trattava di funzionari religiosi al lavoro nelle congregazioni della Fede e del Clero, rispediti nelle diocesi di appartenenza a fare i parroci. Successivamente erano anche stati licenziati misteriosamente, stavolta sotto le minacce della gendarmeria, il Revisore dei Conti, Libero Milone e, in seguito, il numero due dello Ior, Mattietti, entrambi nominati da Bergoglio agli inizi del pontificato.

Gerhard Mueller, tempo fa, commentando sulla Allgemeine Zeitung nla propria rimozione da prefetto della congregazione per la dottrina della fede, avvenuta il 2 luglio allo scadere dei cinque anni del suo mandato, il cardinale spiegava che papa Francesco gli aveva detto che «non intendeva più prolungare i ruoli di curia oltre i cinque anni e che lui è stato il primo a cui questa prassi si è applicata».

Con il Motu Proprio tutto questo sembra saltare. E così chi in curia era in via di pensionamento per raggiunti limiti di età rimarrà a piacere, a discrezione, secondo la volontà pontificia. Nella lista figurano persone chiave per la squadra di Francesco, come Pio Vito Pinto, 76 anni suonati ma considerato uno dei più fedeli interpreti dell'Amoris Laetitia ed estensori dello spirito della riforma matrimoniale.

Poi ci sono i cardinali Amato e Coccopalmerio, il primo ai vertici della congregazione per i Santi e l' altro al Pontificio Consiglio dei testi legislativi, anche in questo caso persone sulle quali, in questi cinque anni di regno, hanno dimostrato al Papa di condividere ogni sfumatura esistente. Lo stesso dicasi per i cardinali Stella e Tauran (Congregazione del Clero e pontificio consiglio del dialogo interreligioso), Sandri e Ravasi (Congregazione per le Chiese orientali e pontificio consiglio per la cultura), Calcagno e Sanchez Sorondo (Apsa e Pontificia accademia delle Scienze) e, infine, il cardinale Bertello, 76 anni, presidente del Governatorato e membro del C9, il gruppo che coadiuva il Papa alla riforma della curia. Un progetto titanico che finora non ha prodotto un granché. Ma il cammino della squadra prosegue con Papa Francesco che ama muoversi con molta libertà rispetto alle regole finora esistenti, che comprendevano due tetti di età: i 75 anni per la consegna al papa della propria lettera di dimissioni, e gli 80 anni, quando automaticamente si dovrebbe decadere da tutte le cariche curiali.

L'autunno scorso la Santa Sede aveva anche pubblicato un “rescriptum” firmato dal cardinale Parolin, Segretario di Stato, nella quale si precisavano le norme che, invece, riguardavano il pensionamento dei vescovi. La novità più importante stabiliva che «in alcune circostanze particolari» può essere necessario chiedere al vescovo le dimissioni anticipate «dopo avergli fatto conoscere i motivi di tale richiesta» e aver «ascoltate attentamente le sue ragioni in fraterno dialogo». E’ la prima volta che questa fattispecie viene scritta. Finora si trattava di «prassi» e di solito se il vescovo non accettava di farsi da parte interveniva il Papa dimettendolo.

Nel testo si ritoccava la Costituzione apostolica Pastor bonus, mettendo in evidenza che i cardinali di Curia sono “tenuti” e non più “pregati” a presentare le proprie dimissioni quando compiono 75 anni.

Bergoglio ne prevedeva l’obbligo. Salvo poi fare le eccezioni per i cardinali di curia con il Motu Proprio. Insomma, contrordine compagni. 

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