Anche se Papa Francesco continua a predicare trasparenza, di limpidezza nella gestione dell'Obolo c'è ben poco. Basta solo vedere il sito internet sull'Obolo: http://www.obolodisanpietro.va. Nelle sezioni appaiono subito bene in vista le opzioni disponibili per donare con carta di credito, paypal oppure con bonifico bancario, ma nessuna traccia sulla rendicontazione. Nè su quanto è stato raccolto annualmente o quanto è stato speso e dove. Insomma una autentica zona grigia che prima o poi dovrà essere resa più accessibile ai fedeli. Il sito riporta persino un numero di telefono della Segreteria di Stato (06-60884851) al quale chiunque può telefonare per avere informazioni anche se risponde malvolentieri un anonimo funzionario che comunica di non potere fornire dati. Insomma, top secret.
La pratica di sostenere materialmente le opere di carità, si legge sul sito, è antichissima e nasce con il cristianesimo stesso, nella dedizione e nella cura dei più bisognosi. Alla fine del secolo VIII, gli anglosassoni, dopo la loro conversione, decisero di inviare ogni anno un contributo al Papa. Nacque così il «Denarius Sancti Petri» (Elemosina a San Pietro), che ben presto si diffuse nei paesi europei. Dopo molte vicissitudini, fu Pio IX, con l’enciclica Saepe venerabilis del 5 agosto, a istituirla come pratica.
Dalle poche informazioni disponibili si sa solo che nel 2017 sono state fatte donazioni all'isola di Lesbo, in Bangladesh, nel Kurdistan iracheno, in Centrafrica, Ruanda e in Giordania.
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