Fra novità e chiusure/Il Papa: «Comunione ai risposati. E il sesso resta un dono di Dio»

di Franco Garelli
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Sabato 9 Aprile 2016, 00:24
Come essere fedeli alla visione cristiana del matrimonio e nello stesso tempo farsi carico della fragilità delle famiglie (anche di quelle credenti) nella società contemporanea?

Come evitare che la ricchezza dell’amore cristiano venga da un lato svilita dallo spirito libertario del nostro tempo e dall’altro imprigionata in norme ecclesiastiche estranee alle attuali condizioni di vita? Ecco la quadratura del cerchio che anima l’esortazione apostolica “Amoris laetitia” con cui Papa Francesco mette la sua firma sui due anni di dibattito dedicato dalla Chiesa intera al tema della famiglia nel mondo di oggi. 

Con questo documento Bergoglio non introduce delle particolari novità rispetto a quanto emerso nei due Sinodi dei Vescovi dedicati all’argomento, pur schierandosi sulle posizioni più aperte e dialoganti. La fedeltà alla tradizione è evidente in un Papa che ribadisce che la Chiesa «non deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio»; che il primato spetta ad una famiglia composta da un uomo e una donna e aperta alla procreazione; che le convivenze non sono equiparabili al matrimonio (anche se alcune di esse offrono segni di amore che richiamano orizzonti più ampi); che nei confronti degli omosessuali ci vuole accoglienza e rispetto, pur evitando di assimilare le loro unioni al disegno di Dio su matrimonio e famiglia. 

Tuttavia, fatta salva la distinzione cristiana su questi temi, sono molte le aperture che attraversano un testo papale che più che concludere la riflessione interna alla Chiesa intende rilanciarla; per far sì che il “vangelo della famiglia” sia una risorsa che viene offerta all’insieme degli uomini e delle donne del nostro tempo e non un principio di condanna. L’apertura maggiore riguarda l’insistenza con cui Papa Francesco chiede alla Chiesa stessa un cambio di passo e di mentalità circa il modo di affrontare i drammi della famiglia nell’epoca contemporanea; e sul modello partecipato e organizzativo che egli propone per coinvolgere tutte le diocesi e le comunità cristiane del mondo nella ricerca di soluzioni tese più all’inclusione che all’esclusione. 
 
Nel primo caso, il Pontefice parla di «leggi morali che non sono pietre»; dell’impossibilità di stabilire regole canoniche generali valide per tutti; di norme che devono essere interpretate situazione per situazione; di quel metodo del discernimento «caso per caso» che la Chiesa deve far proprio per manifestare più il suo volto di madre che quello di giudice. Come a dire che la Chiesa oggi - per essere fedele alla logica del vangelo - non può condannare nessuno in partenza. È all’interno delle comunità ecclesiali che si possono aiutare i fedeli a superare le difficoltà, a vivere il progetto cristiano della famiglia, a riprendere un cammino di coppia e di fede sovente non lineare e incerto. Emerge qui, su una questione particolare, quell’indirizzo al decentramento delle responsabilità pastorali che Papa Bergoglio da tempo predica per tutta la cattolicità. In ogni paese e regione, inoltre, si possono individuare delle soluzioni che maggiormente rispecchiano i problemi famigliari locali, da parte di una chiesa che mantiene una sua unità di fondo ma che è chiamata a ‘incarnarsi’ nei diversi ambienti di vita della gente comune.

Tra i molti stimoli offerti da questo documento papale vi è anche l’esplicita - e per vari aspetti inattesa - rivalutazione del ruolo dell’eros nella vita di coppia. «Il sesso è un dono per gli sposi, non un male permesso». È una dimensione costitutiva della vita dei coniugi, che quindi va oltre la necessità della procreazione. Anche con questo riconoscimento il Pontefice richiama tutti i pastori e i fedeli della Chiesa a una visione armonica e allo stesso tempo concreta della vita di coppia, all’interno della quale il linguaggio del corpo si mescola a quello dello spirito ed è fonte di arricchimento reciproco.
 
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