La denuncia di Papa Bergoglio: «Curia malata, facciamo un esame di coscienza»

La denuncia di Papa Bergoglio: «Curia malata, facciamo un esame di coscienza»
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Lunedì 22 Dicembre 2014, 22:23 - Ultimo aggiornamento: 23 Dicembre, 07:11
Con un discorso impressionante per la analisi, la franchezza, la serenità e l'intento di guarigione, papa Bergoglio incontrando la curia romana per gli auguri di Natale, l'ha invitata a fare «un catalogo, come quello che facevano i padri del deserto», un catalogo di «alcune probabili malattie curiali, malattie e tentazioni che indeboliscono il nostro servizio».

Catalogo da fare alla fine di un anno di lavoro cruciale per le riforme avviate dal papa latinoamericano, per un «sostegno e uno stimolo a un vero esame di coscienza» in vista del Natale.



La lettura dell'elenco, - dopo un inizio che era parso «soft» e senza accenni ai temi più controversi della riforma della curia, - ha immediatamente attirato l'attenzione dei porporati riuniti nella Sala Clementina e, anche i più anziani hanno disposto corpi e orecchie a cogliere ogni parola di papa Bergoglio. Catalogo lungo, - 15 malattie, alcune definite gravi, una gravissima - e impietoso, senza autogiustificazioni, spiegato e accompagnato con alcune delle efficacissime espressioni tipiche del papa latinoamericano.



Malanni che la curia deve riconoscere e curare, se vuole realmente essere un «corpo unito» che lavora e serve in «armonia», secondo l'immagine della Chiesa come «corpo mistico» per sostenere la quale il Papa è ricorso a Pio XII e al concilio Vaticano II. Ecco dunque le patologie curiali indicate da papa Bergoglio: sentirsi immortale, immune o addirittura indispensabile; il martalismo, che viene da Marta, della eccessiva operosità; l'«impietrimentò mentale e spirituale; eccessiva pianificazione e funzionalismo; mal coordinamento; Alzheimer spirituale, cioè la dimenticanza della propria storia di salvezza da cui viene la assoluta dipendenza dalle proprie vedute spesso immaginarie; vanità e vanagloria; schizofrenia esistenziale; chiacchiere mormorazioni e pettegolezzi; divinizzare i capi; indifferenza verso gli altri; la faccia funerea; l'accumulare; la malattia dei circoli chiusi; e, ultima, la malattia del profitto mondano, degli esibizionismi».



Non un elenco nudo e crudo, ma riempito di vita con aggettivi, inviti, esempi, a cominciare dal primo suggerimento a «una curia che non si autocritica, che non si aggiorna, che non cerca di migliorarsi» e che è un «corpo infermo», a applicare come «antidoto a questa epidemia» «una ordinaria visita ai cimiteri: ci potrebbe aiutare a vedere i nomi di tante persone delle quali tante pensavano di essere immortali, immuni e indispensabili».



Poi un invito, chissà, forse rivolto anche a se stesso, a non «trascurare il necessario riposo», «trascorrere tempo con i familiari e rispettare le ferie», per «evitare stress e agitazione». Tra le tante immagini efficaci, quelli che «si nascondono sotto le carte diventando macchine per pratiche e non uomini di Dio», di «cuore di pietra e duro collo»; quello che «pianifica minuziosamente», diventa «un contabile e un commercialista», tenta di «ingabbiare la libertà dello Spirito»; i «colori delle vesti e insegne di onorificenza» che diventano obiettivi di vita; la «doppia vita frutto della ipocrisia tipica del mediocre», dei mediocri anche se laureati, che creano un loro «mondo parallelo ove mettono da parte tutto ciò che insegnano agli altri e iniziano a vivere una vita nascosta e sovente dissoluta».



Questa è la malattia che il Papa definisce «gravissima» e per la «conversione è urgente e indispensabile». E ancora gli «omicidi a sangue freddo» di chi «semina zizzania con le chiacchiere e il terrorismo del pettegolezzo». Poi, «l'opportunismo» che può essere sia dei superiori che dei sottoposti, i secondi per «ottenere sottomissione», e i primi per «carrierismo e opportunismo», ma sempre «il risultato finale è una vera complicità». E il «fuoco amico dei commilitoni».



Tra gli esempi e gli aneddoti, il prete che chiamava i giornalisti per «raccontare, e inventare, le cose private e riservate dei propri confratelli e parrocchiani», per finire sui giornali e sentirsi così «potente e avvincente: poverino»; il giovane gesuita che per traslocare si doveva portar dietro una infinità di bagagli, oggetti e regali, in barba all'essere la Compagnia di Gesù la «cavalleria leggera della Chiesa».



Il Papa ha concluso osservando che questi mali curiali, queste «malattie e tentazioni sono naturalmente un pericolo per ogni cristiano e per ogni curia, comunità, congregazione, etc e possono colpire sia a livello individuale che comunitario». Ma probabilmente, pur apprezzando lo spirito costruttivo e fraterno di questa osservazione, nessuno dei curiali presenti avrà pensato che oggi Bergoglio non avesse scritto questo poderoso discorso mirando dritto alla curia romana.



Nella successiva udienza ai dipendenti vaticani invece il Papa ha tra l'altro detto: «Non voglio concludere questo incontro senza chiedervi perdono per le mancanze mie e di miei collaboratori e anche per alcuni scandali che fanno tanto male, perdonatemi».
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