Papa Francesco condanna la maldicenza: «Anche le parole uccidono, insultare non è cristiano»

Papa Francesco condanna la maldicenza: «Anche le parole uccidono, insultare non è cristiano»
di Franca Giansoldati
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Domenica 7 Settembre 2014, 17:49 - Ultimo aggiornamento: 8 Settembre, 15:52
CITTA' DEL VATICANO - Parole come proiettili micidiali. Armi improprie pericolosissime.

Perché non si uccide solo con un coltello o una pistola, si può prendere la mira e premere il grilletto in un altro modo, attraverso la calunnia, la denigrazione, la sistematica maldicenza che finisce per annientare umanamente e psicologicamente l'avversario. Il quinto comandamento, non uccidere, andrebbe rivisto, ampliato, chissà, magari per mettere in guardia sui danni irreversibili che si commettono quando si mettono in giro delle chiacchiere, delle falsità, dei gossip costruiti sul nulla, solo per colpire alle spalle qualcuno.



Papa Francesco è tornato anche oggi, durante l'Angelus, a condannare la maldicenza. “Quando io sparlo, quando io faccio una critica ingiusta, quando io spello un fratello con la mia lingua, questo è uccidere la fama dell'altro. Anche le parole uccidono. Facciamo attenzione a questo”.



Chi commette questo peccato dimostra di essere leggero, poco attento alla Parola del Vangelo e, in fondo, insensibile al dolore altrui. E' l'identikit di un cristiano poco cristiano, da salotto, da pasticceria, secondo alcune definizioni molto colorite utilizzate da Bergoglio in passato proprio per evidenziare il malcostume della calunnia. Sparlare, dire male degli altri, invidiare, dividere, diffamare. Da quando è salito sul Soglio di Pietro, Papa Bergoglio si è accorto subito di quanto in curia il costume della maldicenza fosse diffuso. Gli è bastato dare una rapida occhiata al corposo dossier di Vatileaks stilato dai tre cardinali 007 (Tomko, De Giorgi, Herranz) per conto di Ratzinger, il cui lavoro è servito a capire le origini del più clamoroso caso di fuga di notizie e di documenti mai avvenuto al di là del Tevere. Alla base c'erano tanti pozzi avvelenati da calunnie, monsignori colpiti da false accuse, carriere stroncate dalla maldicenza, vendette personali. Bergoglio anche oggi ha denunciato i “cristiani omicidi”, coloro che spettegolano, diffamano, demoliscono la buona fama di una persona per invidia, gelosia, per motivi di carrierismo. Non ha mai usato mezzi termini, Francesco.

Parole dure. Durissime. Nessun altro pontefice, nella storia recente, con un linguaggio tanto franco aveva evidenziato questo male. Bergoglio individua nella mondanità spirituale la causa di tutto. Più un cristiano è distaccato dalla parola e dalla preghiera, più tende a essere condizionato da logiche che dovrebbero restare fuori dalla Chiesa: carrierismo, superficialità, ambizioni personali, superbia, gelosie, invidie.



Aveva ragione il teologo Haring che ai tempi del Concilio parlava di «clericas invidia», o Dante che definiva l’invidia «meretrice delle corti». Satana, secondo Bergoglio, è il primo calunniatore della storia e da allora la sua attività non ha mai conosciuto soste, vacanze, né periodi di minore produttività. E' lui che ostacola l'unità. Ovunque. Non solo nella Chiesa. “E' lui che separa, che rovina i rapporti, che insinua pregiudizi, tutta opera del Diavolo».
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