Nizza, la tela di Papa Bergoglio contro il terrorismo islamico

Nizza, la tela di Papa Bergoglio contro il terrorismo islamico
di Franca Giansoldati
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Lunedì 18 Luglio 2016, 14:14
CITTÀ DEL VATICANO - «Odio», «follia omicida», «attacco alla pace», «atto di terrorismo». Tutto questo e anche di più - lo sgomento che si somma alla tristezza, all’impotenza, alla preoccupazione - ma, ancora una volta, nelle parole di Papa Bergoglio ogni accostamento alla matrice islamica non trova spazio alcuno. Ciò che è accaduto la scorsa settimana a Nizza è un «atto di terrorismo», senza caratterizzazione religiosa. L’Islam è un’altra cosa sembra implicitamente dire al mondo Papa Francesco, evitando l’equazione: Islam uguale terrorismo, facendo così una netta distinzione tra la fede coranica e la deriva dei fanatici. «Utilizzare il nome di Dio per giustificare questa strada è una bestemmia» disse dopo l’attentato al Bataclan. Come altri ha seguito la vicenda di Nizza con «sgomento e preghiera». Una «terribile strage». "Basta sangue". Si è stretto idealmente al popolo francese consapevole che Nizza rappresenta l’ultimo atto di una lunga scia alimentata dal fanatismo, dal rancore, dal livore. «Dio converta i cuori dei violenti accecati d’odio» ha twittato.

ODIO
Se è vero quello che scriveva Sartre, che basta che un uomo odi un altro perché l’odio vada correndo per l’umanità intera, è chiaro che la malapianta non solo attecchisce con facilità estrema ma è difficile pure da estirpare. Sin dall’inizio del pontificato Bergoglio ha abbracciato una linea di approccio al problema della radicalizzazione islamica improntata al dialogo, ai buoni rapporti, ai gesti simbolici di amicizia, con le autorità islamiche, sciite e sunnite. La lavanda dei piedi a una ragazza islamica nel giorno del Giovedì Santo, la famiglia di profughi musulmani accolti in Vaticano come figli, la preghiera in moschea con l’Imam di Istanbul, il giro sulla papa mobile con l’imam, stavolta di Bangui, in Centrafrica. Una strategia maturata mentre assisteva sgomento a centinaia e centinaia di attentati contro le comunità cattoliche in Medio Oriente, Asia e Africa, la maggior parte dei quali nemmeno noti alla opinione pubblica occidentale. A notizie poco confortanti sul futuro dei cristiani in tante zone.

DIALOGO
La scorsa settimana ha inviato al Cairo un suo emissario per continuare la ricucitura in corso con le autorità dell’università di Al Azhar, la massima autorità del mondo sunnita. Le relazioni si erano deteriorate fino alla rottura dopo la famosa lectio magistralis di Ratzinger su fede e ragione, pronunciata a Ratisbona. Da allora i rapporti si erano raffreddati fino alla sospettosità. «Il dialogo, specie nei momenti più difficili, è di una necessità vitale». Non resta che un cammino comune per sostenere i «fratelli musulmani» ad isolare gli estremisti. In diverse occasioni ha riconosciuto che i primi ad essere colpiti dall’Isis sono i musulmani moderati che si oppongono all’avanzata radicale. Dal mondo musulmano si sono levate diverse voci di condanna per la strage a Nizza. Il Muftì d’Egitto, Ahawqi Allam, per esempio, ha paragonato i terroristi a degli indemoniati. «L’Islam vero non predica la morte, né lo spargimento di sangue; i terroristi seguono Satana. Saranno maledetti in questo mondo e nell’aldilà».

Parole come pietre anche da Al Azhar. «Bisogna unire gli sforzi per vincere il terrorismo. Tutto questo è contrario al Corano». In Italia Abdellah Reduane si è associato: «il terrorista non ha risparmiato neanche i bambini. L’Islam rifiuta ogni forma di aggressione e incita gli individui a convivere nella pace». Per lungo tempo però, davanti a tanti attentati, le condanne non sempre sono state convinte. Anzi. Spesso sono passate in secondo piano. Nel frattempo in Franci, Hocine Drouiche, imam di Nimes e vice presidente degli imam francesi, prima di recarsi a Nizza ad abbracciare le vittime, si è anche dimesso polemicamente dalla sua carica per protestare contro la tiepidezza di tanti suoi colleghi. Drouiche col suo gesto controcorrente ha scoperchiato un problema esistente. In moschea, il venerdì, tanti imam spesso evitano di prendere posizione, mantenendo un atteggiamento silenzioso, pilatesco a volte connivente. «Spero che tanti imam escano dalla loro riservatezza e che non parlino di argomenti, durante le predicazioni, che nulla hanno a che fare con l’attentato.
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