Madre Teresa/Quella matita di Dio che scosse Bergoglio

di Angelo Scelzo
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Lunedì 5 Settembre 2016, 00:17
Più che un paramento liturgico, l’arazzo di Madre Teresa sulla loggia di piazza San Pietro è parso l’immagine-manifesto della Chiesa di Francesco.
Lui che, come Giovanni Paolo II che la proclamò beata, saltando qualche adempimento canonico, quasi non vedeva l’ora di elevare alla gloria degli altari questa “santa di strada”, incomparabile “staffetta” della sua chiesa in uscita, testimone della sua chiesa da campo, magari accidentata e impelagata in qualche debolezza mondana, ma generosa e sempre pronta ad accorrere accanto agli ultimi e a raggiungerli nelle periferie geografiche ed esistenziali. 

Questa “matita nelle mani di Dio”, come la suora albanese amava definirsi, ha scritto nella sua lunga esistenza proprio le righe che hanno fatto sussultare Francesco; e attraverso le quali Bergoglio cerca ora di scuotere non solo la chiesa, ma il mondo intero. Facendo estrema sintesi, la riga può perfino essere accorciata a una sola parola, misericordia, declinata dalla santa nella sua forma di carità senza limiti e senza neppure l’ombra di un “se” o un “ma”. A loro modo due “visionari” della stessa materia; l’una al contatto più diretto e immediato con le povertà estreme di uomini e donne segnate dalla sofferenza, l’altro a guida di una realtà ecclesiale che, come ha ripetutamente indicato, solo a partire da una riconversione verso gli ultimi della fila e’ in grado di ritrovare la sua strada maestra.

La leva comune della misericordia , nelle mani di Francesco e’ una sfida ancora più ambiziosa: se la suora di Calcutta, con la sua opera ( e le opere) così straordinaria ha portato i poveri alla chiesa - fino a essere considerata madre anche dai non credenti e dai non cristiani- si può pensare che anche ogni forma di povertà, di sofferenza e di disagio del mondo moderno possa trovare nella chiesa un tetto accogliente. E’ con questa parte dell’umanità’, gente in fuga dalle proprie terre, migranti, scarti di una globalizzazione distorta e senza anima, che la chiesa di Bergoglio continua a cercare non solo un dialogo ma il vincolo di una naturale appartenenza. Vangelo alla mano e’ una scelta irreversibile, e che allarga in maniera smisurata il campo di impegno e di responsabilità. Non e’ assente naturalmente il rischio della dimensione spiccatamente sociale, la temuta assimilazione ad una sorta di ong, di cui il papa parla spesso.

Ma è qui che la natura della testimonianza di Madre Teresa, interamente intrisa di carità’ come amore e servizio al prossimo, si fa guida anche alla misericordia che Francesco ha gettato nella mischia come carta risolutiva nel confronto con il mondo moderno. La misericordia, quella senza nessuna parentela con un buonismo di maniera, rappresenta l’urgenza che egli vede e segnala al tempo inquieto e drammatico di oggi. Il suo sforzo maggiore e’ proprio quello di far capire che essa non è una sorta di via di uscita riservata alla chiesa, ma invece una via di salvezza aperta, anzi spalancata per il mondo.

Come la chiesa dalle sacrestia, anche la misericordia è chiamata, nella visione di papa Bergoglio, ad uscire dalla tutela di un sentimentalismo inconcludente. Essa può quindi servire in concreto nei rapporti personali come nei grandi negoziati in cui e’ in palio il futuro del mondo. La misericordia, com’e’ accaduto negli ultimi grandi incontri e anche in vista del meeting di Assisi, può contribuire a spianare anche le strade dell’ecumenismo. Scuotendo la carità da un lato e la misericordia dall’altro, la santa di Calcutta e il vescovo di Roma che ha preso il nome del poverello di Assisi, continuano in realtà a scuotere il mondo. «Madre Teresa - ha detto con forza Francesco nell’omelia della messa - ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini della povertà creta da loro stessi».
 
La voce della suora diventata santa, e l’imprimatur pieno, con tanta voglia e la promessa implicita di alzare anche il volume, del Papa che l’ha elevata agli altari. Del resto in comune sono le doti di provenienza del rispettivo carisma: l’inventiva e la fantasia che viene dal “fare il bene” e la santa ostinazione nel farlo; e caratteri personali impastati di mitezza e implacabile fermezza. A nessuno dei due, una santa e un papa fuori dagli schemi, poco e niente clericali, accomunati anche da sane inquietudini spirituali, sono mancate o mancano difficoltà, resistenze ed incomprensioni. A Francesco, in particolare, non vengono risparmiate critiche proprio sul ricorso eccessivo alla misericordia. Ma lui va avanti più che mai sulla sua strada e continua ad aggregare testimoni alla grande causa del suo pontificato. Madre Teresa è l’ultima e la più illustre di tutte. 
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