Salvini e Berlusconi protetti da San Gregorio l'Armeno provano a ricucire

Salvini e Berlusconi protetti da San Gregorio l'Armeno provano a ricucire
di Franca Giansoldati
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Venerdì 6 Aprile 2018, 11:34 - Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 14:19
CITTA' DEL VATICANO - Meno male che palazzo Doria Pamphili e palazzo Grazioli sono a un tiro di schioppo, divisi da una piazzetta e una viuzza di qualche decina di metri lastricata di sampietrini sghembi. Ieri sera questo breve percorso è stato provvidenziale per una operazione di ricucitura di fino, anche se più che l'arte del ricamo sembrava l'arte del rammendo a mimetizzare la brutta lacerazione politica che si era prodotta qualche ora prima tra alleati, la Lega e Forza Italia, quando Silvio Berlusconi osservando i movimenti all'orizzonte lanciava stilettate all'indirizzo di Matteo Salvini fino a fare esplodere, nel pomeriggio, la sua rabbia e una inevitabile crisi. Solo in serata, durante una cena di gala a Palazzo Doria Pamphili in onore del presidente armeno Serzh Sargsyan e dei due Patriarchi armeni, Aram I e Karenin II, arrivati a Roma per inaugurare in Vaticano con Papa Francesco una grande statua di bronzo dedicata all'eroe della cultura armena, Gregorio di Narek, sono ripartite con una grande accelerata messaggi di chiarimento e qualche schiarita. Matteo Salvini con la compagna Elisa Isoardi, era tra gli invitati selezionalissimi, seduto ad un tavolo con l'ambasciatrice Victoria Bagdassarian e uno dei suoi più stretti collaboratori, Giancarlo Giorgetti. Silvio Berlusconi da casa sua, nello studio di palazzo Grazioli, prospettava scenari, raccogliendo elementi prestando attenzione ai contributi dei suoi collaboratori. Alla cena di gala non era ancora terminato l'aperitivo organizzato dall'ambasciatore armeno presso la Santa Sede, Mikayel Minasyan, nella seconda sala della pinacoteca, quando sono iniziate ad arrivare telefonate al leader leghista. I primi chiarimenti, franchi e persuasivi. Poi altre precisazioni su whatsup, il cercare una via dell'uscita, il far capire le proprie posizioni, la diffidenza da placare. Le telefonate sembravano divertire la compagna Isoardi, docile e sorridente.

Gli ospiti intanto venivano fatti accomodare nella seconda sala, dove erano stati collocati i tavoli sotto una collezione di dipinti di inestimabile valore. Deputati leghisti e pentastellati, tutti, mescolati. C'erano Manuela del Re, ma anche lo spin doctor Emilio Carelli. Non mancava Pierferdinando Casini, da sempre grande amico dell'Armenia e poi cardinali di peso come l'argentino Sandri e il ministro degli esteri del Papa, Gallagher reduce, al mattino, di un illuminante incontro con il presidente armeno sulla persecuzione dei cristiani, entrambi preoccupati per gli effetti negativi che si abbatteranno sull'intera regione se non si arresterà l'emorragia, visto che il cristianesimo ha sempre alimentato, per millenni, stabilità, crescita, aperture culturali rendendo meno monolitico l'Islam.

Tra i tavoli della cena di gala la conversazione più frequente riguardava il giro a vuoto delle consultazioni quirinalizie della giornata. C'era tanta curiosità e voglia di avere particolari sul rebus governativo sempre più ingarbugliato. Così molto spesso gli occhi degli ospiti correvano ad uno dei tavoli centrali dove Salvini e Giorgetti si scambiavano impressioni. Mentre i camerieri - tra il primo e il secondo - stavano servendo dei filetti alla spigola con fagiolini e patate lesse, Giorgetti si è congedato, alzandosi improvvisamente. Era appena stato investito del compito di recarsi da Berlusconi, a palazzo Grazioli. L'uomo del dialogo aveva in mano la missione impossibile di rammendare un tessuto piuttosto lacerato in quei duecento metri che separavano i due palazzi nobiliari. Ancora una volta le dimore patrizie romane dove storicamente si costruivano e disfacevano destini, tornavano al centro di snodi politici, stavolta in chiave 2.0.

Uno dei vescovi armeni presenti, arrivato a Roma per assistere alla inaugurazione nei giardini vaticani della grande statua di San Gregorio di Narek – simbolo della cultura millenaria dell'Armenia, una specie di Dante Alighieri – svelava ai commensali una suggestiva leggenda. L'opera poetica più famosa di Narek, le monumentali Lamentazioni - studiate a scuola da ogni studente armeno- vengono ancora oggi utilizzate da chiunque abbia grandi desideri da raggiungere. Basta mettere il Libro delle Lamentazioni sotto il cuscino la notte, prima di addormentarsi, e c'è da stare sicuri che il potentissimo San Gregorio l'Illuminatore interviene in sogno per indicare la via migliore al richiedente. Chissà se anche Salvini, ascoltando la leggenda, ha seguito la via maestra di queste tradizioni secolari. Una illuminazione. 
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