L'accusa della Cei ai politici, pensano alle elezioni e non ad aiutare le famiglie povere

L'accusa della Cei ai politici, pensano alle elezioni e non ad aiutare le famiglie povere
di Franca Giansoldati
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Giovedì 26 Gennaio 2017, 16:25 - Ultimo aggiornamento: 17:12
Città del Vaticano “Serve un piano nazionale contro la povertà”. I vescovi hanno appena concluso la riunione periodica rilevando lacune, pecche e silenzi da parte del mondo politico. “Si sono trovati ben  20 miliardi di euro per salvare le banche mentre si ritardano le  decisioni e gli investimenti a favore delle famiglie. Eppure la povertà in Italia in dieci anni è cresciuta del 155%”. A riassumere le discussioni all’interno della Cei è monsignor Galantino, il segretario generale, dispiaciuto per il malfunzionamento della macchina politica che poi è all’origine di tante sofferenze lasciate in un angolo. “Non dare  serenità alle famiglie non aiuta certo alla pacificazione sociale  del Paese", e che questo pone la gente "in balia del primo populista che si presenta.

La politica esce sconfitta persino dalla sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum. Galantino non ha dubbi sul fatto che "dovrebbe riflettere e interrogarsi su questo" perche "non è normale un Paese dove sia la magistratura a dettare tempi e modi all’amministrazione. Significa che la politica non ha fatto il proprio mestiere".

La politica sempre la politica. D’altronde i populisti non si combattono con altri populismi,  populismi fatti da proposte campate in aria ma con politiche attive per i giovani e il Mezzogiorno". Naturalmente non sono mancate riflessioni sulla sentenza della Consulta. Galantino è parso sconsolato: L’Italia "non è un paese normale" se  la politica abdica dalle sue funzioni per delegarle ad un altro potere statuale come quello giudiziario. È sotto gli occhi  di tutti che oggi le due ultime leggi  elettorali sono il frutto di un pronunciamento dei giudici. Questo significa, evidentemente, che la politica non ha fatto  bene il suo lavoro. Ma non è un Paese  normale quello nel quale è la magistratura a dettare i tempi e i modi alla politica".

Quanto alle elezioni il dibattito in corso ai vescovi sembra strumentale, artificioso. “Non sono importanti i tempi per  giungere alle elezioni. Anche perché le elezioni possono essere  un diversivo, usate solo per chi si vuole contare, anche all’interno di una stessa compagine partitica, o per capire chi  vuole comandare. Il mio auspicio, invece, è che le elezioni, quando si faranno, costituiscano una risposta concreta alle  domande, anche drammatiche, degli italiani. Le elezioni devono essere un modo  concreto per contribuire a risolvere i problemi e non per  rimandarli".                           
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