Eutanasia, braccio di ferro tra Vaticano e 15 ospedali cattolici in Belgio

Eutanasia, braccio di ferro tra Vaticano e 15 ospedali cattolici in Belgio
di Franca Giansoldati
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Martedì 3 Ottobre 2017, 16:15 - Ultimo aggiornamento: 4 Ottobre, 09:17
 Città del Vaticano Braccio di ferro tra il Vaticano e una congregazione di religiosi del Belgio che gestisce 15 ospedali cattolici in cui si pratica l’eutanasia. Lo scontro è nato a maggio quando la Congregazione dei Fratelli della Carità ha autorizzato i medici in questa direzione a determinate condizioni e secondo un protocollo che fa riferimento alle condizioni del paziente. In questi giorni il superiore generale dei Fratelli della Carità, René Stockman, ha fatto sapere di essere stato convocato a Roma e di avere già fatto un rapporto in Vaticano «sulla situazione attuale del dossier relativo  all’applicazione sì o no dell’eutanasia nei complessi ospedalieri  dei Fratelli della carità in Belgio».

«Dato che l’organizzazione dei Fratelli della Carità ha deciso,  nella sua riunione dell’11 settembre scorso, di non modificare il  suo testo di orientamento sull’applicazione dell’eutanasia e vuole dunque permettere l’eutanasia a certe condizioni nei propri  ospedali, e in tal modo si oppone alla richiesta del Vaticano di conformarsi alla dottrina cattolica. Padre Stockman ha spiegato che il board decisionale degli ospedali è composto solo da un paio di religiosi a fronte di tutti gli altri membri laici, orientati ad accogliere in determinati casi la possibilità di eutanasia, considerata in Belgio come un «atto medico».

Il Vaticano ha ribadito di rispettare la vita in modo assoluto in tutte le circostanze, conformemente alla dottrina cattolica. Stockman ha dapprima tentato di dissuadere i tre confratelli del consiglio di amministrazione, poi si è rivolto alla Conferenza episcopale  belga, che ha ribadito la propria contrarietà a questa pratica. Ma «l’organizzazione Fratelli della Carità continua a difendere il  suo testo orientativo sull’eutanasia in caso di sofferenza  psichica in malati non terminali».
 
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