L’Enciclica «Laudato si’», il manifesto di Papa Bergoglio

di Angelo Scelzo
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Giovedì 18 Giugno 2015, 23:51 - Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 00:09
L’enciclica di Francesco - «Laudato si’» - è una summa sulla salvaguardia del creato, ma, a suo modo, anche sul pontificato del Papa «venuto dall’altra parte della terra».



Formalmente è la sua seconda enciclica, dopo la «Lumen fidei» scritta a quattro mani con Benedetto XVI. Di fatto, già a partire dalla radice francescana, essa svela ancor di più la visione, lo stile e perfino il linguaggio di Papa Francesco. Documento dottrinario per eccellenza, e perciò solenne anche nei toni, si può parlare, particolarmente in questa occasione, di enciclica pastorale: di un documento che ribadisce, accentua e quasi definisce il carattere autentico del magistero di Bergoglio.

Delle oltre trecento encicliche finora pubblicate, dalla prima di Benedetto XIV, nel 1740, i titoli passati alla storia non sono tantissimi. Ma quando ciò è avvenuto, ognuno di essi (come la «Mater et Magistra» e la «Pacem in Terris» di Giovanni XXIII, l’«Humanae Vitae» di Paolo VI, la «Redemptor Hominis» di Giovanni Paolo II, fino alla «Caritas in veritate» di Benedetto XVI) ha segnato epoche. Esistono pochi dubbi che sarà così anche con la «Laudato si’», che, in aggiunta, ha tutta l’aria di aprire un capitolo nuovo nella storia dei documenti pontifici. In misura molto maggiore che in tutti gli altri, essa riflette, anzi, è come l’icona stessa di un pontificato innovativo e ricco di sorprese qual è quello di Bergoglio.

Attraverso le pagine dell’enciclica quasi si vede scorrere, come in filigrana, il tempo ordinario, fino ai frammenti di vita quotidiana, di un pontificato che di ordinario ha davvero poco. Di fronte a un tema come quello dell’ecologia, la cura della terra come casa comune, Bergoglio ha buon gioco a far coincidere le grandi questioni della fede con quelle, altrettanto vitali che l’umanità nel suo insieme, e al di là di ogni o di nessuna appartenenza religiosa, si trova ad affrontare giorno per giorno. Se la terra, saccheggiata e maltratta, lancia i suoi lamenti, occorre certo correre in suo aiuto e cambiare rotta, operare quella «conversione ecologica» di cui già parlava Giovanni Paolo II. Ma ancora più urgente è capire da che parte provengono le lacrime. E perché, per quali perverse connessioni che chiamano in causa sfruttamento di popoli e di individui, sopraffazione, egoismi perpetrati da comunità nazionali o regionali. Il Papa parla di un’ecologia integrale, ed è questa l’espressione-chiave che dà all’enciclica il tono e il significato di un nuovo manifesto per un’umanità in cerca, o almeno in vista, di una riconciliazione con se stessa e con l’ambiente in cui vive.

Il «grido della terra» è in larga parte il grido dei poveri, il trionfo dell’«usa e getta» che giustifica ogni tipo di scarto, sia ambientale che umano. «È la logica che porta a sfruttare bambini, ad abbandonare gli anziani, a praticare la tratta degli esseri umani, il commercio di pelli di animali in estinzione, di diamanti insanguinati. È la stessa logica di molte mafie, di trafficanti di organi, del narcotraffico e dello scarto dei nascituri perché non corrispondenti ai progetti dei genitori». E non basta perché nessuno, anche a livello individuale, può chiamarsi fuori dalle responsabilità di una casa in rovina.

Non si fa fatica a intravvedere il paradigma del pontificato bergogliano: ciò che il Papa ha messo su carta nell’enciclica è come un viaggio con altri mezzi nell’immenso dramma di Lampedusa o nei luoghi delle «periferie esistenziali» dove l’impatto con le tragedie porta sempre in primo piano la tragedia delle cause. Di Papa Bergoglio traspare in modo evidente l’altro tratto di un’ansia apostolica che, in modo umile e generoso, lo porta a cercare e a correre in aiuto degli ospedali da campo dove vorrebbe insediata in modo permanente la sua chiesa.

Gli scenari delle grandi sofferenze non distolgono tuttavia l’attenzione e la cura per l’ordinario. E così i gesti minimi- la maglietta afferrata al volo, il “mate” bevuto al volo sulla jeep, o il saluto con il pollice alzato - di un Papa che non attraversa ma incontra la folla, hanno un valore che non è dissimile, sul versante pastorale, dall’invito a una sobrietà spinta ai limiti dello «spegnere le luci inutili».

La «Laudato si’» è il documento che più di ogni altro, a questo punto, non solo svela il pontificato di Bergoglio, ma aiuta a ripercorrerne le tracce. È da notare che tutti i suoi documenti dottrinali, a cominciare dalla «Evangelii Gaudium» - vera carta magna di questo papato - hanno la caratteristica di far seguito, fino ad apparire come conseguenza, alle attività e alla prassi pastorale già in atto. Si potrebbe dire che Papa Bergoglio prima agisce e poi passa alla teoria, dando a quest’ultima un valore ancora più incisivo ed efficace.

In questo senso, la «Laudato si’» è un punto di arrivo, e anche qualcosa in più: tutto il corpus dottrinale di Papa Francesco appare ora ancora più forte e definito.