Quanto agli incidenti che sono scoppiati nel centro di prima accoglienza di Cona, in provincia di Venezia, dimostrano di come le realtà locali, scelte per accogliere grandi numeri di migranti rischiano di diventare “aree a rischio, esplosive”. Ignorare questi rischi “non è salutare e sono un campanello di allarme per un cambiamento di rotta verso una accoglienza diffusa su tutto il territorio, con numeri ridotti, accompagnata e affidata a realtà qualificate e con il controllo delle comunità locali, cioè i comuni”.
“È evidente – dice Perego – anche l’esasperazione da parte degli ospiti del centro che, come si sa, vivono in una condizione di abbandono molto grave che ha portato a un gesto sicuramente da condannare – la rivolta e la distruzione -, ma che certamente ha dei fondamenti non di poco conto a cui si è aggiunto, come elemento scatenante, il fatto che solo dopo 5 ore è arrivata l’ambulanza per una donna, che si trovava in una situazione di pericolo di vita . Si tratta quindi di una inadempienza grave”.
Da parecchio tempo la Cei, attraverso la Fondazione Migrantes, chiede alle istituzioni civili di affidare i Centri di accoglienza straordinaria a realtà con esperienza, mentre invece capita che vengano destinate a realtà dove scarseggiano persino i controlli sulla gestione.
“Occorre ripetere il bisogno di passare dai grandi centri che possono diventare ingestibili ed esplosivi, come è avvenuto in queste ore nel centro veneziano, ad una accoglienza diffusa, con pochi numeri”.
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