Il segretario di Stato Parolin: «Roma città stressata, ma dal Campidoglio non si vedono azioni»

Il segretario di Stato Parolin: «Roma città stressata, ma dal Campidoglio non si vedono azioni»
di Franca Giansoldati
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Sabato 31 Dicembre 2016, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 1 Gennaio, 18:42
Nel Palazzo Apostolico gli affreschi della Prima Loggia sembrano giocare con un raggio di sole. Un antico pendolo insegue il tempo che scivola via. Una natività in cartapesta di rara fattura racconta la gioia del Natale appena trascorso. E’ tempo di bilanci. Il primo collaboratore di Papa Francesco, il cardinale Pietro Parolin, soppesa l’anno che sta per concludersi.

Un 2016 ingorgato di problemi: come le sembra l’Italia in questo momento?
«Una situazione non di certo rosea. Il primo pensiero va alle situazioni di sofferenza e di disagio che, purtroppo, aumentano. Basta andare nelle parrocchie, al Nord come al Sud. Il disagio si è allargato e purtroppo cresce il numero di coloro che sono colpiti dalla crisi economica. Le forme di povertà sono multiformi. C’è la questione dei migranti, ma c’è anche la solitudine di troppe famiglie e persone. Penso ai terremotati, alle loro vite sconvolte, alle avversità che affrontano ogni mattina. E’ dura. Vorrei però non fermarmi solo alla povertà materiale e andare oltre».

Dove vuole arrivare?
«L’Italia è segnata da una doppia crisi, economica e valoriale. Si coglie il bisogno trasversale di recuperare un’etica che, a volte, leggendo tante cronache, sembra scomparsa. Io la chiamo la desertificazione dello spirito: è come se tanta gente avesse perso ogni punto di riferimento nella vita, avesse smarrito per strada il senso del bene comune, come se non si richiamasse più a valori condivisi. Raccolgo ogni giorno testimonianze in questa direzione. Sono preoccupato, ma non rassegnato. L’Italia, e lo dico dal cuore, ha capacità e potenzialità immense. Gli italiani, che oggi sono segnati dalla mancanza di speranza, sappiano reagire, restando uniti, facendo riferimento ad un tessuto comune, attingendo alle risorse umane, morali e spirituali, risorse che ci sono, che abbiamo, in tanti settori. Il 2017 possa essere un anno di riscoperta reciproca. Fare squadra, essere solidali, guardare avanti con coraggio e consapevolezza».

Prima di Natale il Papa ha detto che in Europa mancano leader e ha citato il vuoto lasciato da Adenauer, De Gasperi, Schumann. Insomma, giorni bui anche per l’Europa?
«Io credo che l’Europa è stata messa in crisi in modo particolare dalle migrazioni. Le istituzioni faticano a reggere l’impatto di questo fenomeno. Ma ci sono altre spinte che ne indeboliscono il cuore, ad esempio difficoltà tra Est e Ovest, problemi strutturali, le differenze sull’allargamento delle competenze politiche, un certo ripiegamento su se stessi, la Brexit. Tanti analisti sono pessimisti sul futuro, io lo guardo con più fiducia. L’Europa sopravviverà a tutto questo. In fin dei conti, si è mostrata uno strumento valido per preservare la pace del continente dopo l’esperienza di due drammatiche guerre mondiali. Penso perciò che non si torna indietro, ma a condizione che non si perda la memoria. Tanti giovani non hanno coscienza di cosa è stato il passato e prendono per scontati i benefici portati dall’integrazione europea nelle loro vite».

Anche la Chiesa in Europa non è che stia tanto bene. In molti luoghi le chiese si svuotano. In Belgio, per esempio, vengono venduti edifici di culto perché in disuso. E’ un momento di stallo per il cattolicesimo, o qualcosa di irreversibile?
«Mi vengono in mente le parole del Papa emerito Benedetto XVI quando disse che ci dobbiamo preparare ad essere minoranza. Una minoranza viva, però, come il lievito. Ma non può non preoccupare uno scenario che è completamente mutato, un ambiente culturale chiuso alla trascendenza, dove le istanze spirituali sembrano inaridirsi e venire soffocate. Come trasmettere la fede alle giovani generazioni? Papa Francesco ha deciso di dedicare a questo grande tema il prossimo Sinodo».

Anche la città di Roma è una nota dolente. Cosa augura ai romani, molti dei quali estenuati e sconfortati dall’andazzo generale, dalle sofferenze, dalla marginalizzazione di molte aree periferiche?
«Dire che Roma sta vivendo un momento difficile mi pare un eufemismo, anche se è possibile ricordare che in passato abbia avuto altri momenti complicati. La città è stressata da molteplici problemi accumulatisi con il tempo. Quello che servirebbe è una azione per affrontarli».

Sta sottolineando che non si sta facendo nulla?
«Probabilmente non si vedono ancora gli effetti. I problemi che si sono accumulati sono molteplici. Ai nodi di ordine sociale si innesta una evidente dimensione politica. Si deve sperare che l’attuale amministrazione superi le difficoltà interne per dedicarsi a far ripartire la Capitale. Tuttavia c’è qualcosa di più profondo che mi colpisce: lo scoraggiamento generale, la carenza di speranza, una sorta di fatalismo obliquo. Eppure. Anche Roma dispone di innumerevoli risorse, da tutti i punti di vista. Va bene lamentarsi, ma poi si dovrebbe trovare il modo di essere propositivi e collaborare. Inoltre, di fronte ai problemi reali non ci si può dividere. Ognuno deve dare un contributo a seconda delle proprie possibilità».

Ecco collaborare. Lei recentemente ha incontrato il sindaco Raggi. Avete progetti in cantiere?
«Incontrandola, ho riscontrato in lei una spiccata sensibilità per i problemi sociali, a cominciare dal degrado delle periferie e l’intenzione di collaborare, a vari livelli, con la Chiesa, della quale riconosce il ruolo e l’importanza; la rete delle parrocchie, gli oratori, sono spesso gli unici segnali di coesione in zone dove c’è disagio sociale. Naturalmente si tratta ora di scendere al concreto, di fare programmi».

Le ha chiesto anche dell’Imu?
«Da parte nostra si farà tutto quello che è dovuto. Ovviamente, si devono tenere in conto tanti aspetti, tra l’altro anche il Trattato del Laterano e le norme pattizie che non possono essere disattese. Ma, in questo quadro, noi siamo disponibili».

Secondo lei quanto è alta l’esasperazione degli italiani per la presenza di immigrati?
«L’Italia ha avuto un grande merito nell’accoglienza e ha dimostrato all’Europa di muoversi con efficacia e spirito di solidarietà. Ora quello che bisogna sviluppare e rendere concreto è un grande progetto di integrazione per educare a vivere insieme e a fare delle differenze non motivo di scontro ma occasione di arricchimento reciproco, per sciogliere le paure di chi riceve e di chi arriva. Chi arriva deve volere inserirsi positivamente e costruttivamente nella nuova realtà; chi riceve deve avere ben presente l’apporto positivo degli stranieri nelle società europee. L’esasperazione diminuisce solo in questo modo».

Il rischio di attentati è aumentato. Per il Papa ci sono pericoli?
«Noi continuiamo a mantenere lo stesso livello di attenzione. Certamente questa gente non si ferma di fronte a nessuno e non è un mistero che anche il Vaticano è un simbolo contro il quale scagliarsi. Ma di pericoli immediati mi sembra non ce ne siano».

Parliamo di Aleppo: la guerra sta finendo con l’apporto della Russia...
«Speriamo davvero che stia finendo! Ora c’è una tregua. Attendiamo per vedere quali scenari si svilupperanno. Dovrebbero riprendere le trattative per trovare una soluzione negoziata, l’unica che può assicurare una pace duratura».

E’ vero che il Papa vuole andare in Siria?
«Se potesse andare in Siria ci andrebbe subito. Naturalmente ci vuole un minimo di condizioni».

Cosa vorrebbe regalare al presidente Trump per il 2017?
«La saggezza, che è la virtù necessaria a tutti i governanti. Persino Salomone la chiese a Dio come unico dono di fronte alla possibilità di ottenere ricchezza e onori. Io prego per il Presidente Trump perché Dio gli dia la saggezza di sentirsi responsabile non solo per il suo grande Paese, ma per la pace nel mondo, per lo sviluppo dei popoli e per la salvaguardia del Creato».

Cosa sta succedendo dentro l’Ordine di Malta, una guerra di potere?
«Si è aperta una crisi senza precedenti. Si imputa ad un membro (nel frattempo sospeso dal suo incarico) di non essere intervenuto per impedire la distribuzione di preservativi in Myanmar. Ma le versioni sono diverse, per cui sono sorte tensioni e lacerazioni, che possono alla fine risultare dannose per la realizzazione delle nobili finalità che l’Ordine si prefigge: la difesa della fede e il servizio ai poveri. In questa situazione il Papa ha deciso di costituire un gruppo per raccogliere le informazioni del caso. E poi si vedrà».

Lei ha un sogno che non è mai riuscito a realizzare?
«Dedicarmi a coltivare un fazzoletto di terra».
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