Le suore armene dell'Immacolata Concezione dimostrarono particolare coraggio nel mezzo delle atrocità, testimoni dei massacri delle loro famiglie, assistendo i feriti, salvando i bambini rimasti orfani.
A partire dal 1915, quando divenne esecutivo l'ordine del governo ottomano di deportare tutti gli armeni e lasciarli morire nelle cosiddette marce della morte nel deserto, senza acqua né cibo, la città di Aleppo (oggi in Siria ma all'epoca in Turchia) era diventata il primo luogo di accoglienza di centinaia di migliaia di deportati che arrivavano in condizioni spaventose, allo stremo delle forze. C'erano migliaia di orfani strappati ai loro genitori, traumatizzati, denutriti. Le suore sopravvissute siglarono pagine storiche. Alla fine delle ostilità, negli anni Venti, la congregazione creò nuove case a Beiruth, Alessandria, e Baghdad.
Davanti all’estensione della tragedia del genocidio, Pio XI decise di accogliere nella residenza di Castelgandolfo, per qualche mese, 400 orfane che diventano presto 500. Le accompagnano 12 religiose, che restano accanto a loro.
Durante l’anno seguente furono alloggiate nell’orfanotrofio di Torino. L’evento ebbe una tale risonanza che vennero stampate perfino delle cartoline postali per mostrare il gruppo di orfane. Di seguito, nel 1929, queste orfane arrivarono in Francia, a Saint Gratien nei dintorni di Parigi, poi ad Arnouville nel convento delle religiose ,aperto nel 1931, grazie al personale coinvolgimento del cardinale Aghagianian.
Dal 1923 la casa generalizia venne trasferita definitivamente da Istanbul a Roma, in un edificio dove, su una lastra sono ancora incisi nel marmo i nomi delle 13 suore martiri, durante il genocidio
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