Dagli statali al taglio dell'Irpef, ecco le misure in bilico

Dagli statali al taglio dell'Irpef, ecco le misure in bilico
di Andrea Bassi
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Martedì 6 Dicembre 2016, 13:19 - Ultimo aggiornamento: 7 Dicembre, 13:42
ROMA Il caso più eclatante potrebbe essere quello degli statali. Da sette anni attendevano il rinnovo del contratto di lavoro. Alla vigilia del referendum, il governo Renzi era riuscito a chiudere un'intesa con i sindacati per un aumento medio in busta paga di 85 euro lordi mensili. Ma si è trattato di un accordo politico, da tradurre poi in un contratto vero e proprio. Con le procedure del caso, che prevedono che il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, invii all'Aran un atto di indirizzo sul quale avviare la trattativa vera e propria. Ma ci sono due passaggi rilevanti che un governo dimissionario difficilmente potrà compiere.

Il primo è la stesura della riforma del Pubblico impiego, che doveva essere approvata entro il prossimo mese di febbraio e che, secondo l'accordo con i sindacati, avrebbe dovuto contenere importanti modifiche sugli spazi da riservare alla contrattazione e sul superamento della legge Brunetta sui premi ai dipendenti. Il secondo riguarda le risorse economiche. L'aumento di 85 euro non è completamente finanziato. Servono soldi per il 2018 che avrebbero dovuto essere stanziati nella prossima manovra di bilancio. Il governo Renzi si era impegnato a farlo. Si vedrà se il prossimo esecutivo confermerà l'intenzione, cercando nelle pieghe di bilancio 1,7 miliardi di euro. Non è l'unico fronte aperto per gli statali. La settimana scorsa una sentenza della Corte Costituzionale ha mandato in soffitta due decreti attuativi della riforma Madia della Pubblica amministrazione che stavano per essere firmati dal Capo dello Stato: quello sui dirigenti pubblici e quello sui servizi pubblici locali. L'intenzione del governo era quella di ripresentarli sotto forma di disegni di legge. A questo punto è difficile che vedano più la luce. La sentenza aveva azzoppato anche altri provvedimenti, come quello sui «furbetti del cartellino», i licenziamenti accelerati per gli statali che barano sulle presenze in servizio.

LA STRATEGIA
Il testo avrebbe dovuto essere corretto nella prossima conferenza Stato Regioni. Potrebbe finire in stallo. C'è poi il capitolo tasse. Nel cronoprogramma del governo, dopo l'abolizione dell'Imu, l'abbassamento dell'Irap e dell'Ires sulle imprese, c'era il taglio delle aliquote Irpef. Palazzo Chigi stava preparando una riduzione delle imposte di una decina di miliardi. Anche questo progetto ormai è in soffitta. Altro dossier in sospeso è quello delle banche. A parte l'aumento di capitale del Monte dei Paschi, per il quale pure si era ipotizzato un intervento dello Stato, c'è da risolvere la questione della contabilizzazione dei versamenti degli istituti di credito al fondo di risoluzione, in vista di un nuovo versamento per permettere la chiusura della vendita delle cosidette «good bank».
Sullo sfondo, infine, c'è la grande partita delle poltrone pubbliche, comprese quelle nelle imprese di Stato. Il prossimo anno scadranno i vertici delle Agenzie fiscali, dalle Entrate alle Dogane. Ma finirà anche il primo mandato dei vertici di Enel, Eni, Finmeccanica, Poste. Tutti i manager erano stati nominati da Renzi, seguendo lo stesso principio attuato con la sua discesa in politica: la rottamazione del vecchio sistema di potere. Anche su questo fronte potrebbero arrivare le pulsioni di restaurazione.
 
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