Raggi-Giachetti, contro i “niet” spunta la carta pragmatica

di Mario Ajello
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Lunedì 13 Giugno 2016, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 15 Giugno, 15:35
È andato in scena un derby. Roberto Giachetti per la rimonta ha scelto la carta concretista. Come arma per contrastare i “niet” di Virginia Raggi. Virginia Raggi che insiste, dopo la vittoria al primo turno, nella predicazione scandita da «no», «per il momento non se ne parla» e «vedremo». E proprio in questi giorni è uscito un libro, di autori vari, “Il pragmatismo. Dalle origini agli sviluppi contemporanei” (Carocci editore), in cui questo tipo di approccio viene bene illustrato: «I pragmatisti sono per la verità e per la storicità, così come sono per la creatività e la precisione». Si sente uno così il candidato dem, nel faccia a faccia allestito ieri pomeriggio da Lucia Annunziata su RaiTre. Il pragmatismo è, o dovrebbe essere, l’ubi consistam dell’amministrazione comunale e dunque la scelta di questo terreno di sfida poteva sembrare naturale fin dall’inizio. Ci si è arrivati ora, ed è stato l’ingrediente prediletto dall’inseguitore. 

Dal punto di vista della verve e della capacità polemica, tra Raggi e Giachetti è finita in pareggio. Sotto l’aspetto della tenuta televisiva, i due si sono equivalsi. E anche per quanto concerne la strategia di caccia al consenso, in vista del ballottaggio, entrambi hanno scelto legittimamente il campo a cui rivolgersi. La Raggi ha puntato chiaramente, e senza sbavature, ad attirarsi i voti che al primo turno sono andati (20 per cento) alla Meloni. Dalla ruspa contro i campi rom al pugno duro contro i centri sociali, dalle accuse martellanti alla sinistra alla Buzzi (più citato lui che Carminati) alla possibilità di non pagare il debito da parte del Campidoglio (o “forse lo si può ricontrattare”), tutta la retorica della candidata 5 stelle ha dato l’impressione di ricalcare nei contenuti quella della leader di Fratelli d’Italia e del suo sodale Matteo Salvini. Anche nella veemenza la Raggi ha provato a imitare la Meloni, ma la sua aggressività, molto secca e scevra di pathos, non è temperata dall’ironia pop della Meloni. 
 
La prova provata che la Raggi ha preso come target quello della destra sta anche nel fatto che, a un certo punto, Giachetti le ricorda che Alemanno si è schierato con lei. Il candidato del Pd - che ha compensato un deficit di brillantezza con l’insistenza sui programmi - ha parlato invece ai moderati, a quelli che hanno votato Marchini, a quelli che si riconoscono in un centrodestra non populista e soprattutto a quelli che non sono andati a votare al primo giro perché in preda a una rassegnazione che nel loro caso non è rabbiosa ma semplicemente figlia del fastidio verso l’inconcludenza della politica. E proprio perché esiste questo tipo di non elettori molto concretisti da rimobilitare in nome dell’aderenza ai problemi reali e non alle lotte partitiche, è risultata fuorviante e di scarso appeal l’accusa del dem alla grillina: «Lei è sostenuta dalla vecchia politica». In quanto così il discorso s’è spostato fuori dai temi di Roma e verso la politica nazionale che non è in cima ai pensieri degli elettori delle comunali ma consente alla Raggi di spostare il focus dai problemi veri: «E lei governa con Verdini ed è appoggiato da Berlusconi».

La Raggi più che proporre ha rinfacciato. E quando Giachetti l’ha direttamente interpellata quasi a brutto muso chiedendo «insomma il suo è un sì o un no alle Olimpiadi», la candidata grillina è sembrata in difficoltà. Sfornando poi una risposta - «Il mio è un no oggi ma la prima decisione è prevista per il novembre 2017» - che è suonata come un niet balbettato e una decisa negatività avvolta in un tentennamento. A conferma che le Olimpiadi sono il vero spartiacque della sfida elettorale in corso.

La performance della vincitrice del primo turno è stata giocata più su ciò che lei non vuole fare piuttosto che su come ricostruire le macerie. Non a caso, quando la Annunziata ha chiesto loro quale sarà la prima delibera da sindaci, la candidata grillina - mentre l’altro diceva: autobus gratis per gli over 70 e a metà prezzo per gli under 20 - si è rivolta al passato indicando un’indagine ispettiva sui conti del Campidoglio, cioè sulle malefatte precedenti. Non riuscendo anche in questo caso a mettere il discorso sul piatto della chiarezza pratica, sostituita da una vaghezza che è stata la cifra dominante della sua condotta di gara. Insieme alla retorica del no, variamente modulata, sulle grandi questioni strutturali della ripartenza di Roma. Proprio quelle, e le Olimpiadi sono al primo posto ma anche la sindrome capitolina della scioperite («La capa degli scioperi selvaggi all’Atac appoggia Raggi», accusa lo sfidante), su cui Giachetti si è sforzato di essere esaustivo e rassicurante.

In fin dei conti, un match molto interessante. Lui che insiste su «più illuminazione nelle strade» e «io sono contro le occupazioni da parte dei centri sociali». Lei che incalza nella retorica della punizione o nella tattica del diversivo: «Volete fare un Patto del Nazareno all’amatriciana». Il prossimo duello è giovedì su Sky. Bisognerà vedere se l’inseguitore, almeno sul video, rosicchierà altro terreno alla candidata in testa. Che questa volta è risultata per lo più incerta. E “pericolum in mora”, cioè indugiare è rischioso, le direbbe Tito Livio, autocitando il suo “Ab urbe condita”, che naturalmente parlava di Roma.
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