Giachetti, la lettera del figlio Stefano: «Sorridi, sei unico»

Giachetti, la lettera del figlio Stefano: «Sorridi, sei unico»
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Lunedì 20 Giugno 2016, 01:54
«Ciao papà, Ti volevo raccontare come ho passato questi mesi molto impegnativi. Sono passati circa 7 mesi da quando quella sera, in una delle tante sere a cena insieme, hai messo me e Giulia seduti, e con uno sguardo tra il timoroso, l’emozionato e l’incredulo, ci hai confidato “Mi candido a sindaco di Roma”». Questo l'incipit della lettera che Stefano Giachetti, figlio di Roberto, candidato uscito sconfitto dal ballottaggio, ha pubblicato su Facebook.

«All’inizio mi ricordo di aver girato la testa verso mia sorella come a dire “levagli il vino cazzo, questo ha esagerato” cercando in lei un sostegno, ma la sua e la tua espressione mi hanno fatto capire che non era il vino o la tua solita voglia di scherzare che aveva elaborato quel pensiero, qui si faceva sul serio. Sarò sincero, tornato a casa, sdraiatomi a letto, tra me e me ho pensato: “che cosa? Il sindaco di Roma? Questo è matto, con tutte quelle rogne che ci sono in città, con tutto il caos che regna, come fa lui, tutto preciso, ordinato e attento a sopravvivere?”. Sono passati giorni ed io continuavo a sostenere che avresti potuto cambiare idea, in fin dei conti ne stavi parlando con me e Giulia Agli Spaghettari, senza nulla di definito e concreto. Arriva il 15 Gennaio,giorno nel quale decidi di farmi il regalo di compleanno, pubblicando il video al Gianicolo dove rendi ufficiale la candidatura alle primarie del PD per diventare il candido del centro sinistra a Sindaco di Roma».

«“L’ha fatto davvero.” ho pensato la prima volta che l’ho visto. Ho provato quella sensazione che provavamo allo stadio quando Gervinho, dopo 200 metri e aver superato 4 avversari , arrivava davanti al portiere, lo salta e tirava in Patagonia a porta vuota. Ecco, spero di aver reso l'idea. Però poi nei giorni successivi ho iniziato a vedere in te, nel tuo sguardo una voglia di risollevare il nome della tua città, contro tutti e contro tutto, per farla tornare ad essere la città che merita, la più bella del mondo. Sei salito in sella alla tua moto ed hai iniziato a girare, girare, girare. Al che, finiti gli esami a Febbraio, mi sono detto: “Ma andiamo a vedere un po’ che va a fare papà tutto sto tempo in giro per Roma”. E li ho capito cosa davvero tu stessi facendo, il perché hai deciso di scendere in campo e la voglia e la tenacia con cui volevi davvero aiutare Roma e i romani. Arriviamo al 6 Marzo, giorno nel quale vieni eletto candidato del centro sinistra a Sindaco. Ero emozionatissimo, non capivo bene in realtà dove mi trovassi e cosa stesse succedendo intorno a me, non mi era mai capitato.
Due cose ho davvero capito da quella sera: che tu eri molto felice, ma che il duro veniva proprio da quel momento. Quindi sei risalito in moto, ed hai ricominciato a girare per Roma. Tutto iniziava a diventare più chiaro e mi coinvolgevo sempre di più, non so come, non so perché, ma è stato un qualcosa di naturale e spontaneo. Non mi sorprendeva più il fatto che la gente, per strada, al ristorante ed anche allo stadio ti fermasse per un selfie o semplicemente per stringerti la mano e dirti:" Daje robè, sei un grande". Anche qui devo ammettere che questo fatto mi iniziava a riempire d'orgoglio. Il 5 Giugno l'aria era abbastanza tesa, ti vedevo tranquillo che cercavi di non alimentare la tensione con battute e sorrisi, il che implicava che al tuo interno stavi più tirato di una corda di violino. Dentro quella stanza eravamo tutti preoccupati. Però passato anche quello step, ti ho visto pronto a giocarti il tutto per tutto, senza paura, pur stando di un buon 10% sotto all'altra. Il giorno più bello però è stato il 17 Giugno, al ponte della musica. Un'emozione unica, tutta quella gente, tutta per te. Avevi un sorriso a 35 denti, ti ho visto veramente contento. Questo mi ha fatto piacere, ho visto tutti i tuoi sforzi ripagati
».

«Quando siamo saliti sul palco, vicino a te, mi è venuta la pelle d'oca, non per la gente, non per la possibilità di vittoria, ma perché dentro quell'abbraccio ho sentito tutto, qualcosa di indescrivibile non spiegabile a parole. Ti ho raccontato tutto questo perché sono rimasto colpito, di come questa esperienza ha cambiato tutti tranne te, che ci hai sempre creduto e ci hai sempre buttato l'anima senza cambiare il tuo atteggiamento nei confronti di tutte le persone che ti stavano intorno, con la solita disponibilità e simpatia. Non importa se vinci o meno,quello che conta è che sei riuscito a far cambiare idea a tanti, con la tua faccia, con la tua storia, con la tua lealtà, con la tua forza, con la tua convinzione. Siamo tutti fieri di te, anche chi in questo momento non è qui sarebbe fierissimo di te, hai fatto qualcosa di incredibile, fuori dall'ordinario. Oltre ad essere mio papà sei un punto di riferimento, un esempio, non credo potesse capitarmi di meglio, anzi ne sono certo. So bene che non lo farai, ma comunque vada questa sera, sorridi, perché sei una persona unica. Ti voglio bene, papà».
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