Elezioni, da #Enricostaisereno al crollo del 4 marzo: la parabola di Matteo Renzi

Renzi (ansa)
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Lunedì 5 Marzo 2018, 18:52

Dalla rottamazione a quell'«Enrico stai sereno», fino al crollo del 4 marzo e alle dimissioni da segretario del Pd: ecco la parabola di Matteo Renzi. 

LE DOPPIE PRIMARIE
Da rottamatore - già presidente della Provincia e poi sindaco di Firenze - Matteo Renzi perde prima le primarie per la premiership contro Bersani, nel 2012, per poi vincere nel dicembre 2013 la sfida con Gianni Cuperlo con il 67 per cento dei voti e assumere la guida del partito. Il 13 febbraio 2014, con il governo Letta sfiduciato proprio con una mozione venuta dal neo-segretario Pd, dopo quell'#Enricostaisereno con cui gli aveva ribadito la propria apparente fiducia.

 

 


L'ASCESA AL GOVERNO
All'indicazione di Renzi presidente del Consiglio, si registra il tiratissimo passaggio della campanella con Enrico Letta. Il 22 febbraio 2014 il giuramento. Il governo approverà una serie di riforme, dal jobs act alle unioni civili. Non va bene il tentativo di creare una nuova legge elettorale: l’Italicum viene smontato dalla Corte Costituzionale. A maggio di quello stesso anno, però, il Pd di Matteo Renzi stravince le elezioni europee in italia raggiungendo il 40,8% dei voti.

LA BOCCIATURA DEL REFERENDUM
Il governo Renzi va avanti fino a tutto il 2016. Il presidente del consiglio punta sulla riforma della Costituzione, prevedendo la scomparsa del bicameralismo perfetto e l'abolizione del Senato elettivo, per come lo conosciamo e dove ora è stato eletto, nel suo collegio di Firenze. Approvata dalle Camere senza i voti dell'opposizione (e con la minoranza del Pd contraria), la riforma viene bocciata dal referendum popolare del 4 dicembre: i no arrivano al 60 per cento. Rispetto alle Europee, si ribaltano i numeri. Renzi lascia Palazzo Chigi. Il passaggio della campanella è con Paolo Gentiloni.

LE ELEZIONI
In vista del voto, la scissione dal Pd della sinistra di Bersani e D'Alema che ha poi corso con Liberi e Uguali. E il Partito democratico che scende sotto il 20 per cento dei consensi.

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