Scuola, dopo il dietrofront sui prof scoppia il caso del personale non docente

Scuola, dopo il dietrofront sui prof scoppia il caso del personale non docente
di Angela Padrone
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Giovedì 9 Gennaio 2014, 08:12 - Ultimo aggiornamento: 14:28
Gi ieri mattina subito dopo le dieci gli insegnanti erano stati tranquillizzati ufficialmente dal governo: non gli sarebbero stati tolti 150 euro al mese dallo stipendio, come invece era stato annunciato il giorno prima. Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza lo ha anche twittato: «Finita riunione a Palazzo Chigi: gli insegnanti non dovranno restituire i 150 euro. Sono soddisfatta per gli insegnanti».



Immediatamente dopo di lei, tweet quasi identico di Enrico Letta. Quindi gli insegnanti potevano continuare a fare lezione serenamente. Però poi la giornata si è avvitata in una giravolta di smentite, minacce, rassicurazioni e dubbi. Alla fine, il ministro dell’Economia ieri sera è intervenuto di nuovo: «Il capitolo è chiuso, gli insegnanti possono stare tranquilli». Insegnanti e personale non docente, circa 45 mila persone, che avrebbero dovuto restituire mediamente 700 euro lordi, per importi variabili a seconda dei casi, fino a un massimo di 150 euro al mese.



NUOVO CASO ATA

Nel frattempo però è scoppiato un altro caso che riguarda sempre la scuola, ma stavolta solo il personale non docente (Ata): lo denunciano i sindacati riferendosi ad una circolare del ministero dell'Istruzione che chiede la restituzione al personale ausiliario, tecnico e amministrativo della scuola dell'incentivo economico, stabilito con un accordo del 2011, per mansioni che vanno oltre i normali compiti. Si tratta di incentivi che vanno da un minimo di 600 a un massimo di 1.800 euro annui, che si tra traducono mensilmente in una cifra tra i 50 e i 150 euro. Le persone coinvolte potrebbero essere 8mila.



CACCIA ALL’ERRORE

Cosa fosse successo, da un punto di vista burocratico, si era capito già ieri, per il contrasto tra il via libera dato dal ministero dell’Istruzione agli scatti di anzianità maturati nel 2013 e il blocco stabilito dal governo e quindi dal ministero dell’Economia, a settembre, con una procedura diventata operativa nei giorni di Natale. Un clamoroso «errore di uno zelante funzionario», lo ha definito il ministro Lupi a Porta a Porta. In realtà un «problema di comunicazione», come ha spiegato Saccomanni, titolare del ministero da cui è partito l’allarme: il Tesoro, ha detto, è «un mero esecutore». «Il calcolo delle retribuzioni, l'emissione dei cedolini e i successivi flussi dei pagamenti al personale scolastico viene effettuato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze quale mero esecutore sulla base della legge vigente e delle indicazioni ricevute dal Miur», spiega il ministero, che quindi rovescia di nuovo la responsabilità sul Miur. A sua volta Carrozza ha spiegato che non avrebbe fatto una caccia al colpevole. Quello che è certo, ha detto, è che «c'è un rapporto tra politica e Pubblica amministrazione» che complica le cose e che «tra Natale e Capodanno sono stati presi questi provvedimenti per inerzia amministrativa senza comunicare ai ministri competenti cosa stava avvenendo. Conclusione: servirebbe «una gestione più snella».



LA SOLUZIONE

Quello che è certo è oltre alle ”scintille” tra ministri, alla richiesta di dimissioni di Saccomanni da parte di Brunetta, e altre scaramucce tipiche del politichese, in molti stavolta hanno pensato a un errore della burocrazia. Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, ha perfino ipotizzato che oltre un caso di «incuria», ci possa essere una vera «polpetta avvelenata, ordita da qualche alto burocrate ai danni del ministro. «Non sarebbe la prima volta - ha aggiunto Bonanni - Ma c'è anche un problema di sciatteria politica».

Insomma, gli animi non si sono calmati e ognuno ha tratto da questa vicenda l’occasione per attaccare o mettersi in mostra. Alla fine il ministro Carrozza ha voluto stemperare anche il nuovo ”caso”. Ha detto che ha rinviato un viaggio in America per occuparsi di tutte questi casi aperti, compreso il nuovo presunto caso degli ”incentivi Ata”: «Possono stare tranquilli anche loro, perché stiamo lavorando in queste ore».
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