Lorenzo Guerini: «Primarie per legge, è giunto il momento»

Lorenzo Guerini: «Primarie per legge, è giunto il momento»
di Barbara Jerkov
4 Minuti di Lettura
Domenica 20 Marzo 2016, 09:56
Una legge per dare alle primarie regole e controlli certi, ormai viene invocata perfino da settori sempre più ampi del centrodestra.

Il Pd che fa, onorevole Guerini, presenterà una sua proposta di legge?
«In questi anni - risponde il vicesegretario dem - abbiamo sempre trovato indisponibilità da parte delle altre forze politiche, convinte che le primarie fossero quasi un affare interno al Pd, e che quindi non dovessero essere normate da un punto di vista generale, adducendo motivazioni legate ai costi che potrebbero ricadere sullo Stato».

Ormai, invece, la gazebite sembra aver invaso tutti gli schieramenti.
«Non solo in Italia ma anche in altre parti d'Europa, sta diventando lo strumento attraverso cui la politica allarga ai cittadini ambiti di partecipazione anche con cessioni importanti di sovranità, aiutando a riannodare i fili tra la politica e i cittadini».

Dunque?
«Dunque penso sia effettivamente giunto il momento di confrontarci in Parlamento per regolamentarle. E' un investimento che deve fare tutta la politica per cambiare».

I 5Stelle preferiscono primarie on line.
«Quello è un simulacro di partecipazione, con numeri molto bassi. Emblematiche le consultazioni M5S di Milano: si è espresso un numero di persone pari a un paio di condomìni milanesi. Poi tanto decide Casaleggio».
Potrebbe esserci un'iniziativa concreta del Pd, magari inserendola nella legge sui partiti in esame alla Camera?
«In commissione Affari costituzionali si sta discutendo appunto delle modalità di attuazione dell'art.49 della Costituzione. In quell'ambito, accanto alla discussione sulla personalità giuridica dei partiti e dei requisiti minimi di trasparenza e democrazia interna, ci sono già proposte sulle primarie, come quella presentata da Sandra Zampa».

E da lì si potrebbe partire?
«Sì. Anche nelle audizioni diversi studiosi hanno sottolineato questo come un aspetto su cui varrebbe la pena lavorare. Senza forzare, senza imporre a nessuno un modello».
Stiamo parlando di primarie obbligatorie per tutti o di una legge solo per chi le vuole?
«Una regolamentazione per legge per chi le vuole adottare, rafforzando i requisiti di controllo da parte di un soggetto pubblico esterno ai partiti. Ma ora, lo ripeto, si tratta di verificare la reale disponibilità da parte delle altre forze politiche, che per la prima volta mi sembra di cogliere, per riavvicinare i cittadini alla politica».

Il Pd, visti i pasticci di Napoli e Roma, potrebbe intanto darsi regole nuove? Riservarle, come chiede qualcuno, ai soli iscritti?
«Assolutamente no. Le primarie sono uno strumento di allargamento del processo decisionale ai non iscritti. Nell'albo degli elettori abbiamo già censito un milione e mezzo di persone che hanno partecipato alle primarie in passato e sono un ulteriore elemento di garanzia e trasparenza. Anzi, rivendico che è un impegno portato avanti da questa segreteria. Poi stiamo anche ragionando sul ruolo degli iscritti, ma riguarda la scelta degli organi interni nell'ambito di un più generale progetto di riforma del partito».

A questo proposito, si parla di ridurre il numero dei componenti dell'assemblea nazionale e della direzione?
«C'è una riflessione aperta sui numeri, l'assemblea nazionale è molto ampia e complessa da gestire, ma non è il punto chiave del nostro ragionamento. Stiamo ragionando sulla vita dei circoli, per rafforzare il rapporto tra i territori e il partito nazionale».

Domani si riunirà la direzione. Doveva sancire la riunificazione in vista delle amministrative ma la minoranza sta dando segnali tutt'altro che rassicuranti.
«Io mi auguro che questa direzione, in maniera convinta e coesa, si dia l'orizzonte dei prossimi impegni. Che sono le prossime amministrative e il referendum costituzionale di ottobre. Tutti insieme abbiamo proposto il nostro segretario alla guida del governo, due anni fa, per attuare un'agenda di riforme a partire da quella costituzionale».
Ma ci sono esponenti di spicco del Pd, da ultimo ieri Enrico Letta, che non appaiono così convinti di votare sì.
«E' un impegno che tutti, solennemente, abbiamo preso davanti al Paese. Immaginare oggi che vi possano essere dentro al Pd figure che non si mobiliteranno, mi pare una cosa irrealistica».

Irrealistica o anche dirimente per la permanenza nel partito?
«E' sbagliato porla mosì. Alla riforma Boschi ha lavorato tutto il Pd in Parlamento con alcuni passaggi forieri anche attraverso una discussione vera, a tratti anche aspra tra noi, e sono convinto che tutto il Pd la sosterrà».

Quindi nessun Pd che caccia, come dice Letta?
«Ma quali cacciate! Mai come in questo momento il Pd è protagonista del cambiamento del Paese e lo vorrei ricordare ai critici che col ditino alzato vorrebbero spiegarci da fuori quello che dobbiamo o non dobbiamo fare».