Un ruolo difficile/Subalternità, uno spettro per il Cavaliere

di Alessandro Campi
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Sabato 24 Marzo 2018, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 01:18
L’alleanza tra Berlusconi e Salvini è rotta, finita: almeno stando alle dichiarazioni veementi del primo, dopo che ieri pomeriggio la Lega ha votato come Presidente del Senato la forzista Anna Maria Bernini invece che Paolo Romani, il candidato scelto e indicato dal Cavaliere. Ma, viene da chiedersi, quell’alleanza è mai stata solida? 
Il centrodestra ha avuto un senso politico, e una sua relativa compattezza interna, sino a quando Berlusconi, che di quella formula fu l’inventore, ne è stato anche l’incontrastato dominus. La coalizione dei moderati, in verità, ha sempre funzionato meglio come macchina del consenso che come squadra di governo, ma per quasi un quarto di secolo è stata pur sempre l’espressione di un blocco sociale che aveva una sua riconoscibilità e una linea di marcia sufficientemente unitaria. E ciò perché era il Cavaliere che dettava la linea politica, le parole d’ordine e lo stile, tenendo unite le truppe (talvolta riottose) e la barra ben al centro dello schieramento politico (contro ogni deriva estremista).

Ma il cambio repentino nei rapporti di forza interni, dopo le ultime elezioni, ha determinato l’inizio di una fase del tutto nuova. Il leader, con il sorpasso in voti della Lega a danno di Forza Italia, è diventato Salvini. Gli slogan, durante l’intera campagna elettorale, sono stati quelli ispirati al credo nazional-sovranista e anti-immigrati della destra radicale europea, con il Cavaliere che ha cercato (per limitare i danni e ritagliarsi un ruolo) di proporsi come garante della coalizione nei confronti dell’Unione europea, sino a chiedere ad Antonio Tajani il sacrificio in extremis di una candidatura a premier annunciata alla vigilia del voto.

L’attenzione dei media è tutta per l’ex secessionista padano diventato, per un assurdo della storia, il paladino anche dei calabresi. Le trattative con gli avversari, a nome del Cavaliere, le conduce Matteo con i suoi uomini. A queste condizioni non poteva durare, anche se forse bisognava pensarci prima ed evitare di mettere insieme l’ennesimo ircocervo della storia politica italiana.

Ne è nata dunque la partita degli inganni alla quale stiamo assistendo, che se avrà il finale traumatico che s’immagina in queste ore è perché, dati i protagonisti e la posta in gioco, forse non può finire altrimenti. Una partita degli inganni in cui nessuno vuole ciò che dice di volere, volendo in realtà ben altro. L’accusa di Berlusconi al leader leghista è di puntare ad un accordo (anche di governo) con il M5S: la ‘grande alleanza’ populista paventata su questo giornale già diversi mesi fa. Il sospetto sottobanco di Salvini è che il Cavaliere non abbia mai smesso di pensare ad un’intesa privilegiata con il Partito democratico.

Probabilmente hanno ragione entrambi. Se l’asse destra/sinistra non funziona più, come molti sostengono, la divisione radicali/moderati invece ha ancora un senso. Quanto può durare in effetti un’alleanza stretta tra chi guarda all’Europa e chi la detesta, tra chi parla con gli americani e chi inneggia a Putin, tra chi tesse le lodi dell’individualismo e chi crede nella comunità etnica?

La questione che spiega la frattura emersa ieri è dunque politica, ma anche caratteriale. Il Cavaliere nella sua vita non è mai stato secondo a nessuno. Figuriamoci quanto possa accettare di fare da spalla ad un giovane ambizioso e abile che spesso, pur nel rispetto dovuto alla persona, ha dato sovente l’impressione di trattarlo come un politico a fine carriera, al quale si può al massimo concedere l’onore delle armi. Berlusconi questa rottura l’ha annunciata con tanta forza anche perché probabilmente la desiderava: gli mancava solo l’occasione. Ma forse la rottura, diciamola tutta, non dispiace nemmeno a Salvini, che dunque quel pretesto lo ha costruito ad arte, ben immaginando, col voto alla Bernini, quello che sarebbe successo.

Ma davvero Salvini vuole andare a fare il Premier o il ministro degli Interni, chiudendosi in uno dei tanti palazzi del potere? E’ probabile invece che il suo obiettivo sia, quando (secondo molti a breve) ci saranno nuove elezioni, provare a prendersi un altro pezzo di Forza Italia, per diventare a quel punto davvero il capo assoluto del mondo che fu berlusconiano. La caccia leghista a quadri e dirigenti di Forza Italia del resto è già cominciata sul territorio. Un’emorragia che il Cavaliere pensa di arrestare riprendendosi la stessa libertà d’azione che Salvini vorrebbe invece tutta per sé. 
Beninteso, stiamo parlando di politica. E quest’oggi, per qualche strana alchimia, la rottura così clamorosamente annunciata ieri potrebbe anche rientrare. Ma è chiaro che con queste premesse politiche l’alleanza di centrodestra rischia di non andare lontano, anche se mai dovesse contribuire alla nascita del governo con una qualunque formula. Ma nell’immediato il rischio però è un altro: che sia Berlusconi sia Salvini, per non essersi mai fidati l’uno dell’altro, restino a bocca asciutta nella corsa per la presidenza delle due Camere. Davvero un bel capolavoro per la coalizione che ha vinto le elezioni appena due settimane fa.

 
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