Conti e Ue, duello Renzi-Padoan sull'aumento dell'Iva

Renzi e +Padoan
di Alberto Gentili
4 Minuti di Lettura
Sabato 28 Gennaio 2017, 08:26 - Ultimo aggiornamento: 29 Gennaio, 18:26

«E' tutto molto semplice. Se ci sono le elezioni a breve, non c'è la manovra correttiva». Matteo Renzi, in contatto con Paolo Gentiloni in viaggio alla volta di Madrid, ha indicato la linea. Ha stabilito l'equazione da sviluppare nei confronti di Bruxelles: molto, ma molto distante, dalla rotta imboccata dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, determinato ad evitare una procedura d'infrazione contro l'Italia.

Andati più o meno d'accordo per oltre due anni, Renzi e Padoan ormai hanno imboccato strade opposte. E proprio nelle ore in cui per la prima volta il governo parla lingue diverse su conti, decimali e il delicato rapporto con Bruxelles, dal quartier generale del Pd filtra la notizia che già nei giorni scorsi l'ex premier e il ministro dell'Economia sono arrivati ai ferri corti.

Ecco il racconto narrato al Nazareno: «Quando è arrivata la letterina della Commissione europea che ci chiedeva una manovra correttiva da 3,4 miliardi, Padoan si è presentato a palazzo Chigi proponendo di coprire lo scostamento dello 0,2% con un aumento di un punto dell'Iva. E Matteo, che ha fatto del no a ogni aumento delle tasse una bandiera, è andato su tutte le furie».

Prima ha stoppato l'operazione. Poi, ha dettato nel suo blog un duro attacco, parlando di «letterine ridicole per chiedere assurde correzioni sul deficit», di «miopi interpretazioni delle regole fatte da qualche euro-burocrate». E, si scopre adesso, il bersaglio non era solo la Commissione europea, ma anche il ministro dell'Economia che aveva proposto l'aumento dell'Iva. Nel mirino del Nazareno è finito anche il capo della segreteria tecnica di Padoan, Fabrizio Pagani, ritenuto «l'ispiratore della svendita delle aziende italiane ai francesi. Dal fondo Pioneer in poi...»

Scontro sull'Iva a parte, ormai Renzi e Padoan - con Gentiloni a provare a mediare, ma su una posizione di alleato del segretario - fanno lavori diversi. E hanno interessi diversi. Il leader del Pd considera ormai vicine le elezioni. E, senza cercare «rivincite» o mostrare eccessiva fretta, si prepara alla prova elettorale. Da qui il netto rifiuto, concordato con il premier (che però cercherà fino alla fine di evitare la rottura con Bruxelles), a procedere a una manovra correttiva dei conti dello 0,2%, pari a 3,4 miliardi, così come richiesto dalla Commissione europea.

«Se diciamo no alle correzioni», spiega il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, «è perché per trovare tante risorse bisognerebbe procedere a dolorosissimi tagli lineari, oppure reintrodurre la Tasi o rialzare al 27,5% l'Ires, la tassa sui profitti delle imprese. E così facendo, si rischierebbe di deprimere la già fragile ripresa economica». Soprattutto, in vista delle probabili elezioni, una manovra correttiva metterebbe Renzi in grande difficoltà: «Che diciamo agli italiani? Che abbiamo scherzato?! Che tornano le tasse che abbiamo tolto?».

LE BANCHE & BANKITALIA
«Invece, senza elezioni», sussurrano al Nazareno, «si farà la commissione d'inchiesta sulle banche, allargata a Bankitalia e Consob per capire perché chi doveva controllare non ha controllato...». Ma c'è anche di più. C'è che Renzi, al contrario di Padoan che teme il rialzo dello spread e la conseguente impennata del costo che lo Stato paga in interessi sul debito, non guarda con terrore alla procedura d'infrazione. Anzi. Con l'aria che tira, l'attacco di Bruxelles per il segretario sarebbe una medaglia da appuntarsi sul petto. Non a caso oggi a Rimini, Renzi userà parole durissime contro l'Europa «dello zero virgola».

«FEROCE CON JUNCKER»
Anche per questo Renzi ha chiesto a Gentiloni di andare da Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione, «a battere i pugni sul tavolo». «Quando stavo a palazzo Chigi», ha raccontato nelle ultime ore l'ex premier, «io a Pier Carlo giocavamo al poliziotto buono-poliziotto cattivo. Padoan veniva da me a farmi delle proposte, io facevo degli urlacci e poi andavo a Bruxelles a strappare 19 miliardi di flessibilità...». Ecco, questo sarà lo schema che cercherà di adottare anche Gentiloni che ieri a Madrid ha parlato di «negoziato» con la Commissione.

Il fatto è che Padoan ha capito che questa volta, «con un governo più debole» (definizione filtrata da Nazareno), gli spazi di manovra si sono ridotti. In più, da quando Renzi ha lasciato palazzo Chigi, il ruolo del ministro è lievitato. Perché è sparita la cabina di regia economica guidata da Tommaso Nannicini. Perché Gentiloni ha un approccio meno grintoso, e più europeista, di Renzi. E perché, di fatto, ha la sponda del presidente Sergio Mattarella contrario a lacerazioni con Bruxelles. «Anche se il capo dello Stato non è bovinamente europeista, basti ricordare le sue bacchettate su un'Europa a due rigidità», dice chi lo conosce bene, «di certo non ama lo scontro e i toni eccessivamente polemici con le istituzioni europee...». E non ha la stessa voglia del leader Pd di andare alle elezioni anticipate.

© RIPRODUZIONE RISERVATA