Tramonto dei sindaci-star e il crollo dell'affluenza

Tramonto dei sindaci-star e il crollo dell'affluenza
di Diodato Pirone
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Domenica 5 Giugno 2016, 09:51 - Ultimo aggiornamento: 10:32
Siamo alla fine di un ciclo politico ventennale per i sindaci italiani? Davvero con queste comunali (e il prossimo referendum) finirà la stagione della Seconda Repubblica iniziata proprio con le elezioni del 1993 di Francesco Rutelli a primo cittadino di Roma che videro per la prima volta due poli a confronto? Prima che dall'apertura delle urne fissata per le 23 di stasera (e dai ballottaggi del 19 giugno) una prima risposta arriverà dall'affluenza.Se, infatti, l'alba della seconda Repubblica fu segnata dall'arrivo sulla scena politica di sindaci di gran nome eletti nelle grandi città sull'onda di centinaia di migliaia di voti ora siamo di fronte all'effetto opposto: l'offerta politica per le grandi amministrazioni comunali non riesce più a produrre personale di primissima fila e agli elettori non sembra interessare più di tanto essere rappresentati da un Grande Sindaco.

LA QUOTA L'asticella dell'affluenza di oggi, dunque, non equivarrà al classico dato secondario che fa da trampolino ai dati dei candidati e dei partiti. sarà invece un dato importante anche se la tendenza a snobbare le votazioni locali è già abbastanza consolidata. Basti pensare alle ultime comunali di Roma, quelle del 2013, quando si recò alle urne solo il 52,8% degli aventi diritto.Poche settimane fa è stato il Censis, il Centro Studi guidato da Giuseppe De Rita, a mettere nero su bianco le cifre della disaffezione verso i sindaci. A Roma nelle ultime tre tornate amministrative hanno votato 572.000 elettori in meno (-31,5% tra il 2001 e il 2013), 225.000 in meno a Milano (-25% tra il 2001 e il 2011), 166.000 in meno a Torino (-26,1% nello stesso periodo), 89.000 in meno a Napoli (-15,4% nello stesso periodo), 46.000 in meno a Bologna (-17,5% nel periodo 2004-2011), 20.000 in meno a Cagliari (-16,9% tra il 2001 e il 2011), 20.000 in meno a Trieste (-16,2% nello stesso periodo).«Nelle sette più importanti città italiane dove si vota oggi, nel giro di una decina d'anni si sono volatilizzati ben 1.138.000 elettori - spiegano i ricercatori del Censis - Si tratta del corrispettivo degli abitanti di due intere città grandi come Torino e Trieste messe insieme». Perché? Per i sociologi deritiani la risposta è chiara: «Dopo la grande stagione dei sindaci forti, inaugurata con l'elezione diretta e la forte personalizzazione delle candidature, è subentrata una fase di disillusione con una impennata dell'astensionismo».

A Roma si è passati da un'affluenza pari al 79,4% alle elezioni comunali del 2001 (primo turno) al 52,8% di votanti nel 2013 (con una differenza del tasso di partecipazione al voto pari a -26,6%). A Milano la crescita dell'astensionismo si misura in 14,7 punti percentuali in meno di votanti (sono scesi dall'82,3% del 2001 al 67,6% del 2011). A Torino c'è stato un crollo dall'82,6% al 66,5% tra il 2001 e il 2011, con una differenza di votanti pari a -16,0%. A Napoli si passa dal 68,2% (2001) al 60,3% (2011), cioè 7,8 punti percentuali in meno. Non che il fenomeno del boom dell'astensionismo non abbia toccato anche le elezioni politiche ma lo sviluppo nel tempo delle due tendenze non è paragonabile. Basti pensare che alle comunali romane del 93 votarono in 1.824.000 pari al 78,7% degli elettori. Alle politiche di un anno dopo, quelle che incoronarono a sorpresa Silvio Berlusconi, l'affluenza nazionale fu dell'87,4% (e di circa l'85% nella Capitale). Nel 2013, invece, a Roma Ignazio Marino risultò vincente nel primo turno che vide votare solo 1.245.000 romani (come detto, il 52,8% del totale degli elettori) mentre alle politiche dello stesso anno si recò a votare il 75,2% degli italiani (e il 77,5% dei romani).

 

LE PARTITE In questo contesto, può essere interessante ricordare i dati di partenza generali delle elezioni di domani. Dei 25 sindaci dei comuni capoluogo dove oggi si vota, 20 sono di centro-sinistra, 1 della sinistra a sinistra del Pd (De Magistris a Napoli) e 4 del centro-destra. Gli eletti del centro-sinistra, come ieri ha ricordato il senatore Federico Fornaro del Pd, che da sempre studia gli andamenti elettorali, avevano ottenuto in media il 43,3% dei consensi, distanziando nettamente quelli sostenuti dal centro-destra (33,8%). «Percentuali molto simili nei sette comuni capoluogo di regione - sottolinea Fornaro - Con il 42,8% al centro-sinistra e il 33,7% al centro-destra, con il Pd al 27% (più liste civiche al 3,8%) e il Pdl al 21,5%. Sel aveva il 5,8%. Il Movimento 5Stelle era agli albori con il 7,3%».Secondo Fornaro sarà interesante capire i flussi elettorali ed in particolare quello fra i grillini e l'area dell'astensionismo. Ma la partita più importante resta un'altra: i nuovi sindaci potranno contare su una suficiente massa-critica di consenso da parte dei propri concittadini?