Statue coperte/ Rinunciare all'identità è sempre un errore

Statue coperte/ Rinunciare all'identità è sempre un errore
di Alessandro Campi
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Mercoledì 27 Gennaio 2016, 09:40
Anche durante la visita di Stato in Francia, l'Iran aveva chiesto: niente nudi. La delegazione iraniana aveva avanzato al protocollo del Paese ospitante richieste politicamente stravaganti, del tipo «niente vino servito a tavola» e «nessun nudo lungo il percorso da contemplare». La risposta in quel caso era stato un fermo ma cortese rifiuto, con l'incontro tra il presidente Hollande e il presidente Rohani derubricato, dal punto di vista del cerimoniale, da visita di Stato (con tanto di cena di gala e scambio di regali) a semplice colloquio privo di ogni etichetta.

Le stesse richieste avanzate all'Italia, sempre col pretesto di una sensibilità culturale e religiosa da non offendere, sono state invece accettate. Niente alcolici a tavola e i nudi statuari dei Musei Capitolini debitamente nascosti alla vista dei visitatori. Sono arroganti e presuntuosi i francesi (c'è da immaginare interessati come noi a contratti e commesse milionarie, ma c'è pur sempre una dignità e una forma da salvare) o siamo noi eccessivamente arrendevoli, nel segno di un senso dell'ospitalità che suona tanto supinità e mancanza di nerbo? I rapporti tra culture - specie quando queste ultime sono segnate da tratti marcatamente religiosi e profondamente divise sul piano dei valori e delle consuetudini di vita - non sono notoriamente facili. Altrimenti non ci sarebbero da secoli guerre e incomprensioni. La buona regola che abbiamo inventato per evitare conflitti endemici e pericolosi malintesi consiste nella reciproca conoscenza e nell'accettazione delle rispettive differenze.

Certo, non tutto si può comprendere, giustificare e condividere l'uno delle abitudini dell'altro, ma se ci si rispetta nelle proprie particolarità, considerandole persino una forma di mutuo arricchimento culturale, si trova facilmente il modo per dialogare, per intendersi e per collaborare. Regola semplice e civile che però implica, come condizione essenziale, la reciprocità. Esattamente quello che il mondo occidentale-liberale non riesce a realizzare nei suoi rapporti, sempre più nel segno dell'ostilità e della polemica, col mondo in senso lato musulmano. La cui suscettibilità e le cui idiosincrasie possono avere un senso quando si chiede al mondo laico-secolarizzato di non assumere atteggiamenti sprezzanti o liquidatori nei confronti delle convinzioni religiose e delle credenze del prossimo, solo perché ci appaiono una forma di credulità che il progresso dei costumi dovrebbe aver liquidato da un pezzo.

Ma pretendere in casa altrui il rispetto integrale e assoluto dei propri interdetti alimentari (anche da parte di chi a quegli interdetti non è per nulla tenuto) o pretendere di imporre criteri di valutazione estetica che suonano al limite della censura (oltre a produrre effetti francamente ridicoli, come appunto le statue ingabbiate dei Musei Capitolini) suona francamente eccessivo. Se vai in Iran, in visita ufficiale ma anche come turista, devi rispettare le consuetudini di quel Paese indubbiamente complicato ma affascinante (tipo, per le donne, velarsi il capo o guardarsi bene dallo stringere la mano ad un uomo). Se rappresentanti dello Stato iraniano vengono in Italia devi egualmente piegarti alle loro tradizioni, consuetudini e pratiche religiose (tipo bandire ogni forma di alcol dal desco o rifuggire qualunque immagine che possa suonare come blasfema o offensiva per il pudore, foss'anche la Venere del Botticelli. Ma ai nostri valori, ai nostri gusti, alle nostre consuetudini, frutto anch'essi di un'evoluzione secolare e che del nostro sistema di vita sono il fondamento, nessuno ci pensa? A nessuno viene richiesto, non di adeguarsi ad essi, ma almeno di rispettarli senza considerali il frutto di una decadenza inarrestabile? C'è chi dice che proprio la cortesia verso l'ospite, anche se quest'ultimo è maleducato e invadente, o fin troppo protervo, rappresenta un valore, di quelli che fanno la differenza tra il mondo cosiddetto occidentale (aperto e relativista) e quello a vario titolo oscurantista o abitato da pulsioni assolutizzanti.

Il che è probabilmente vero, se non fosse che la cortesia rischia di essere facilmente scambiata, soprattutto da culture per così dire ortodosse, chiuse e totalizzanti, come un segno di debolezza e di crescente arrendevolezza. Potrebbe anche capitare, così continuando, che in occasioni di prossime visite di Stato ci si chieda - come segno di rispetto e accettazione del prossimo - di indossare abiti e costumi che non sono i nostri. In Iran sulle cravatte da uomo pesa, dai tempi della rivoluzione khomeinista, un singolare interdetto, tanto che nessuno le indossa in quel Paese. Forse sarebbe stato rispettoso vietarle ai rappresentanti della nostra delegazione, anche se una simile richiesta pare che in quest'occasione non sia stata avanzata.

Ma forse - sempre per rispetto ed educazione - si poteva giocare d'anticipo. Quello che purtroppo resta in questa vicenda del vino bandito dalla tavola e delle statue antiche occultate nei musei, c'è da capire se più penosa o soltanto grottesca, è solo una forma di grossolano realismo politico-economico. Nel senso che se questo è il prezzo da pagare per fare affari e portare a casa bei soldini, specie in tempi di vacche magre e di crisi economica persistente, chissenefrega di assecondare le richieste di ospiti tanto eccentrici quanto ricchi. Un modo di ragionare apparentemente furbo e cinico, ma al dunque miserabile e improntato ad un'assoluta vuotezza culturale e spirituale. Che nell'interlocutore, si può starne certi, finisce per indurre non rispetto, ma (meritato) disprezzo.
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