Mattarella, arbitro imparziale, vicino al traguardo di metá mandato

Mattarella, arbitro imparziale, vicino al traguardo di metá mandato
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Domenica 22 Luglio 2018, 19:34 - Ultimo aggiornamento: 23 Luglio, 12:12
ROMA Arbitro imparziale ma non semplice notaio, preoccupato di salvaguardare le prerogative di tutti gli organi costituzionali, a partire naturalmente da quelle della più alta magistratura repubblicana. Sergio Mattarella si appresta a tagliare il traguardo di 'mid term', visto che il 31 luglio e il 3 agosto prossimi saranno passati tre anni e mezzo, rispettivamente, dalla sua elezione alla Presidenza della Repubblica a dall'insediamento al Quirinale, avvenuti il 31 gennaio del 2015 e il successivo 3 febbraio. Una metà di settennato culminata nella gestione della più lunga crisi di governo della storia, quasi tre mesi tra le elezioni del 4 marzo e il giuramento del governo di Giuseppe Conte il 1 giugno. Con il Capo dello Stato ben attento ad evitare soluzioni che potessero apparire eterodirette e non rispettose della volontà espressa dagli elettori. Ma altrettanto intransigente, per nulla intimorito di fronte a ipotetiche minacce di impeachment, nel richiamare il rispetto delle norme costituzionali relative alla formazione del governo e alla nomina dei ministri, respingendo ogni tipo di imposizione che rischiasse di compromettere anche per il futuro l'esercizio dei poteri presidenziali.

Da «arbitro imparziale», appunto, come si definì nel discorso di insediamento davanti al Parlamento riunito in seduta comune, che in ,

questa attività di esortazione e di suggerimenti non si vede ma è la più importante attività del Capo dello Stato». In sintesi, un esercizio della funzione «tutt'altro che 'notarile», come fu la presidenza di Luigi Einaudi, ricordato da Mattarella proprio nei giorni più caldi dell'ultima crisi di governo. Senza che questo però si traduca in invasioni di terreni che appartengono ad altri poteri dello Stato, ciascuno chiamato a non superare le rispettive prerogative. «Una regola sempre da rispettare quella del limite delle proprie competenze, perché è anche la migliore garanzia per la difesa dei confini delle competenze di cui si è titolari».




Stile e toni pacati, criticati a volte da chi vorrebbe dal Colle una presenza più incisiva, ma mai disgiunti da una fermezza sul rispetto di ruoli, principi e regole, così che forma e sostanza si concretizzano realmente in un binomio inscindibile. Un esempio che Mattarella vorrebbe venisse seguito da ognuno degli attori della scena politica. «Dovremmo stare molto attenti, tutti, a partire da chi ha responsabilità politiche e istituzionali, a evitare espressioni violente, oltraggiose, aggressive. Non è accettabile insultare ripetutamente un avversario politico, farne bersaglio di una vera e propria campagna di denigrazione o di livore». Ed è lo stesso approccio con cui il Capo dello Stato affronta le tematiche che rappresentano le maggiori fonti di inquietudine di quest'epoca: dal terrorismo all'immigrazione, dalla crisi dell'Unione europea ai rigurgiti di antisemitismo, dalle difficoltà economiche alla disoccupazione, in una cornice nella quale l'apertura e la tendenza a ripiegare su se stessi, il multilateralismo e la difesa delle identità, diventano elementi di scontro piuttosto che sfide che richiedono un inevitabile sforzo di sintesi e comprensione.




«Si rischia di entrare -avverte Mattarella all'indomani dell'uccisione di Padre Jacques Hamel, nel luglio 2016- in una nuova età dell'ansia. Non si può ignorare o condannare la paura: è un sentimento che va rispettato. Anche il bisogno di sicurezza fa parte della dimensione civica. Occorre rispondervi con grande serietà. Lo Stato deve saper assicurare il diritto dei cittadini a una vita serena e libera dalla paura. Quel che dobbiamo impedire è che la paura ci vinca. Non possiamo consentire che il nostro Paese, che l'intera Europa, entri nell'età dell'ansia». «Questo dovrebbe essere, e deve essere, invece, il tempo della responsabilità. E la responsabilità richiede impegni comuni al di sopra delle divisioni. Sul piano continentale e su quello interno». Di qui il rimarcare l'esigenza di rilancio dell'Unione europea, per superare «un apparente paradosso: da una parte abbiamo assistito al progressivo emergere» di un «nuovo 'demos' europeo; dall'altra, l'Unione e i suoi Stati membri mostrano affaticamento, crescenti difficoltà nell'affrontare e risolvere, insieme, le crisi che li hanno colpiti. Capovolgendo l'espressione attribuita a Massimo d'Azeglio verrebbe da dire: 'Fatti gli europei è ora necessario fare l'Europa”. 

Una scelta ineludibile, perchè «in questa stagione storica d'interdipendenza si conferma sempre più la storica validità dell'integrazione europea». Necessaria, ad esempio, per «elaborare politiche in grado di stimolare crescita, creare lavoro, ridurre stabilmente le diseguaglianze». Ma anche per far fronte al fenomeno epocale delle migrazioni di massa, che «rappresentano, per il continente africano, la più dolorosa spoliazione di futuro dei tempi contemporanei: milioni di persone in fuga impoveriscono le società civili africane e rappresentano il pedaggio più doloroso al disordine e alla sopraffazione e condizioneranno la stessa capacità di sviluppo. È dunque nostro compito lavorare insieme perché crescano benessere e stabilità, divenendo, essi, baluardi efficaci superando le grandi migrazioni». Una «dolorosa carovana di persone -sottolinea ancora Mattarella parlando di fronte al Parlamento europeo nel novembre 2015- che risale l'Africa e il Medio-Oriente verso l'Europa. Ripetono la tragedia degli ebrei in fuga dal nazismo; delle centinaia di migliaia di prigionieri di guerra che vagavano in Europa, all'indomani della Seconda guerra mondiale, alla ricerca di focolari

 andati distrutti, dei profughi le cui case e comunità all'improvviso erano entrate a far parte di un altro Paese».




«Sono gli eredi di coloro che, a rischio della vita, valicavano il Muro di Berlino; dei cittadini che, sfidando i campi minati, cercavano di transitare dall'Ungheria in Austria. Il mondo è in movimento, sulle gambe di milioni di donne, uomini, bambini, spesso vittime di crudeli trafficanti di esseri umani: è un esercito inerme, che marcia alla ricerca della propria salvezza. Cosa possiamo opporre alle loro ragioni? Non sono loro, che fuggono dalla violenza e dalla morte, il nostro nemico!» Una vicenda che richiama le grandi lezioni della storia, da tenere sempre a mente di fronte al riemergere di episodi che sembravano consegnati per sempre al passato. Non è casuale, quindi, che poche ore dopo la sua elezione, Mattarella si rechi a rendere omaggio al Mausoleo delle Fosse Ardeatine. «Focolai di odio, di intolleranza, di razzismo, di antisemitismo -avverte il Capo dello Stato celebrando il Giorno della memoria nel gennaio 2018- sono presenti nelle nostre società e in tante parti del mondo. Non vanno accreditati di un peso maggiore di quel che hanno: il nostro Paese, e l'Unione europea, hanno gli anticorpi necessari per combatterli; ma sarebbe un errore capitale minimizzarne la pericolosità». A fare da contraltare ci sono per l'appunto anche tante storie di solidarietà, generosità e dedizione al bene comune, che il Presidente intende far uscire dall'anonimato, portando ogni anno alla ribalta alcuni di questi eroi della quotidianità, insigniti con le onorificenze al merito della Repubblica
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