Senato, dopo le risse, i baci palazzo Madama il reality all’italiana

Senato, dopo le risse, i baci palazzo Madama il reality all’italiana
di Michele Masneri
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Sabato 9 Agosto 2014, 14:56 - Ultimo aggiornamento: 14:59
​Il Senato rottamato, adesso che fare? Che fare soprattutto del compound tra piazza Navona e il Pantheon e i suoi cortili e i corridoi e infermerie, centri servizi, sale stampa e commessi? Più di una Biennale, più di un Festival del cinema, più di un Expo, il Senato anche in chiave occupazionale pare già pronto come parco a tema per generazioni future, per turisti e corrispondenti esteri che spesso non capiscono tanto i meccanismi nazionali.







Dalla tribunetta stampa di Palazzo Madama, infatti, in questi ultimi giorni, uno spettacolo meraviglioso, un diorama italiano di caratteri nazionali tra poltroncine di velluto rosso; non manca proprio niente: le eleganze signorili (Bernabò Bocca, re degli hotel romani, con doppiopetto carta da zucchero, Gaetano Quagliariello in spezzato sartoriale) e le avvenenze femminili: caftani da spiaggia delle senatrici grilline, spalline e reggipetti sadomaso delle berlusconiane. La superiorità siciliana, con la capogruppo Pd Anna Finocchiaro che si aggira con aria da Frank Underwood di House of Cards, con la voce però arrochita da molte più sigarette.



C'è l'isterismo dei neofiti: il senatore grillino Lello Ciampolillo che sbrocca dopo aver sorpreso presunti pianisti a utilizzare una pallina di carta per taroccare il voto elettronico, e poi vedersi tirare una simile pallina addosso, e denunciare con veemenza l'accaduto. «Mi ha chiamato per 10-15 volte deficiente. Voglio che sia messo a verbale», sempre Ciampolillo a proposito del suo insultatore Vincenzo D'Anna. E il presidente Grasso: «Ma perché vuole mettere a verbale una cosa del genere? Poi qualcuno magari sottoscrive».

C'è la grande commedia all'italiana: come De Sica nel Processo di Frine, D'Anna, fine dicitore, tira fuori vocaboli inusitati, con tempi comici perfetti. Non gli dice solo deficiente, a Ciampolillo, ma anche «psicopatico»; «oligofrenico»; «microleso», scandendo le parole.



E però, il giorno dopo, sempre D'Anna, in un ribaltamento di nobiltà, come Sordi nella Grande Guerra, si produce in un elogio alato del liberalismo, e cita ispirato e lirico lord Acton: «La politica senza idealità diventa sordido mestiere; e io qui ho visto molti mestieranti». E Calderoli, invece, dopo un discorso signorile e ”alto”, poco prima dell'approvazione finale della riforma, a proposito della metodica salta-emendamenti: «E’ un canguro con un jet nel sedere».



COMPLOTTISMO

Poi il complottismo e la modernità malintesa e il culto delle grandi griffe da paese ancora un po' contadino: sotto la tribunetta stampa con sportellini rotti e targhette d'ottone per inviati di quotidiani che non esistono più da venticinque anni, Laura Bignami, dissidente grillina, oggi nel gruppo misto, denuncia: «Presidente!» (ha una t-shirt bianca a fiori, orologio e telefono e borsa tutti color verde mela, coordinati): «E’ successo un fatto gravissimo! c'è un bug informatico nel sistema». Probabilmente non esiste altra camera, alta o bassa, nell'Occidente, con una diffusione simile di iPad e iPhone e iBook, con tutti questi senatori anche anziani dotati di attrezzi più cool e fighi dei loro nipoti forse hipster a Cosenza o a Pordenone; come se il Senato fosse sponsorizzato Apple.



Tante incertezze lessicali, anche, tra internet e federalismi linguistici; una grillina: «Presidente, il mio nome è stato divelto dall'emendamento»; al ristorante, al piano terra (sembra di essere in crociera su un vascello vecchiotto, i soffitti bassi con decorazioni di ferro battuto e lucerne di vetro molato); a un tavolo di senatori leghisti, parlano in veneto, nel menu c'è la pasta allo scoglio, e lui dice «mi serve il K-Way per non sbrodolarmi. Al mare invece è facile, perché si sta a dorso nudo». E il problema atavico delle correnti, non dorotee o morotee ma correnti d'aria, proprio; tutti con scialle; scialle elegantissimo viola per la Finocchiaro, pashmina per un senatore alla buvette che dice a un altro: «Anche tu hai la tosse eh» (mentre Sergio Zavoli, regale, con bastone, in spezzato grigio-blu, prende un caffè corretto al mistrà Pallini, e vicino Luigi Zanda mangia un piatto di stracchino in piedi, con aria mesta).



Però al netto delle palline e delle risse e degli sbrocchi non ci si indigna tanto; si sa che tranne casi rari (Cesare Merzagora, uno dei primi presidenti della Camera alta, che in aula compariva in tight) questa è l'iper-Italia: anche De Gasperi, supremo costituente, trovava spesso problematici la grammatica e i pronomi, come da cronache d'epoca. E Pertini rimproverava gli abiti («il fatto che non sia proibito espressamente dal regolamento non significa che è consentito entrare in mutande»); e in fondo, al Senato e al parco a tema italico si sa che non si addicono i toni marziali degli appelli ai «soldati di terra e di mare» delle dichiarazioni di guerra sfortunate di Vittorio Emanuele III qui nel cortile.

Neanche il lirico «o Italia, quanta gloria e quanta bassezza e quanto debito per l'avvenire» (Carducci, in lapide pre-spread vicino alla buvette), dunque. Invece, tanta affettuosità sincera: siamo un paese caldo, ci piace il contatto fisico; e dunque tanti abbraccioni soprattutto al ministro nubile Boschi; ma anche maschi con maschi, e femmine con femmine. Tra avversari. E tanti ringraziamenti, ai commessi, ai tecnici del Senato, a vicenda, e baci, e «buon riposo!» e «ci vediamo a settembre!» (un paese di eterni rimandati). E Enrico De Nicola, primo capo dello Stato espresso dalla Costituente, qui in un busto di bronzo in un angolo, in fondo a un corridoio, con un'espressione benigna e rassegnata, come a dire: vabbè, è l'Italia, buone vacanze.
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